Milano - Da Catania, dice, se n’è andato per tempo, «e questo mi ha preservato dal vedere come poi si è ridotta». Perché, per Franco Battiato, la tragedia del poliziotto ucciso allo stadio non è che l’ultima testimonianza d’un degrado da tempo in atto. «E pensare che era così bella, la mia città - sospira il musicista siciliano -, del resto hanno ragione i saggi tibetani, dobbiamo abituarci all’impermanenza. Da chi dipende? Sembra semplicistico chiamare in causa i politici, ma d’altronde come separare la causa dall’effetto? Come pensare a una classe dirigente diversa dal popolo che l’ha scelta?».
Lui, presago, ha lasciato da anni la città, per rifugiarsi in un piccolo eden alle pendici dell’Etna, Milo, «dove non passano motori e quei cieli, quei passaggi di nubi, quei colori del sud t’appaiono doni impagabili: ogni giorno di più, ché alla bellezza non ci si abitua. E sì che vent’anni fa, quando scelsi di vivere qui, pensai: tempo cinque anni arriverà il traffico, le auto, i rumori, e me ne andrò. Invece c’è più pace oggi d’allora, e non è che l’isolamento mi pesi: è proprio in questo genere di solitudine che scopri di non essere solo, basta un uccello che vola, o un albero che fiorisce a darti un senso di comunicazione, e di rappacificazione».
Donde Il vuoto, nuovo disco del grande musicista, in uscita domani: straordinariamente bello e ispirato, quasi un film in musica dove, partendo dal «vuoto di senso» del nostro mondo, s’approda alla scoperta di «stati di gioia» - «l’ultimo brano dell’album, ma il primo che ho scritto» - nei territori del misticismo e della spiritualità, che Battiato frequenta da sempre. E che somigliano alla quiete del paesaggio di Milo, appunto, «dove questi stati di gioia li ho tante volte vissuti, anche se non si tratta di situazioni raccontabili. È comunque un privilegio, se pensi che perfino un mistico come Krishnamurti non li ha mai conosciuti».
Certo, vivere in una simile dimensione può provocare disagio, nel quotidiano confronto con la brutalità del reale. Lui sorride, e nega: «Nessun disagio, vivo tutto questo come un dono assoluto, la chiarezza della mente ti aiuta a vivere e del resto siamo tutti soli, sempre. L’importante è che nella solitudine tu trovi un modo privilegiato di essere al tuo posto». Condiviso, per quanto riguarda le liriche de Il vuoto, con Manlio Sgalambro, che «quando musicai il suo primo testo, quest’ultimo mi parve orrendo, poi scoprii che un incontro fondato sulla diversità t’arricchisce, aumenta le maschere di cui disponi. Accade, a me e a Sgalambro, di partire da visioni diverse, per raggiungere, a sorpresa, un risultato univoco».
Ma come conciliare la spiritualità con i meccanismi del business? Essere contemporaneamente un mistico e una popstar? «Con i discografici non ho mai avuto problemi: ho fatto sempre quello che volevo, non ho mai accettato mediazioni che mi falsassero, rifiuto caparbiamente la scelta, indecente, di quegli artisti che seguono il pubblico, anziché guidarlo».
Ma intanto anche il Battiato cineasta preme alle porte: avrà lo stesso titolo d’un brano del disco, Niente è come sembra, il terzo film cui il musicista sta lavorando, interpreti Giulio Brogi, Pamela Villoresi, Sonia Bergamasco, Iuri Camisasca.
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