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Battisti su Berlusconi: "A lui non interesso Credo che resterò qui"

Dopo la decisione del Supremo tribunale l'ultima parola per l'estradizione al presidente Lula. Battisti sospende lo sciopero della fame: "Si agiteranno solo alcuni ministri fascisti"

Battisti su Berlusconi: 
"A lui non interesso 
Credo che resterò qui"

Brasilia - "Credo che rimarrò in Brasile". Cesare Battisti, nel carcere di Brasilia dove è in attesa della decisione del presidente Lula sulla sua eventuale estradizione, si racconta: "Francamente credo che Berlusconi non ha interesse in questa storia" ha aggiunto l’ex terrorista rosso, rispondendo a una domanda sull’eventuale posizione dell’Italia nel caso di una sua mancata estradizione. "Credo che rimarranno tranquilli, ma non alcuni ministri fascisti" ha aggiunto Battisti.

Stop sciopero della fame L’ex terrorista ha messo fine ieri sera allo sciopero della fame che portava avanti da dieci giorni per protestare contro "la tardiva e ingiusta rappresaglia del governo italiano". Lo ha confermato il senatore brasiliano Josè Nery sul sito Folha online, citando un comunicato dell’ex terrorista dei Pac per il quale l’Italia ha richiesto l’estradizione dal Brasile. Nel comunicato, Battisti afferma di aver cessato lo sciopero della fame "liberamente e di sua spontanea volontà" e aggiunge di "avere fiducia nelle autorità brasiliane". Dopo che il Supremo tribunale federale brasiliano si è pronunciato a favore della sua estradizione, l’ultima parola spetta ora al presidente brasiliano Luiz Inacio Lula.

Parla il medico del carcere Lo stato di salute di Battisti è "fragile" dopo lo sciopero della fame: lo ha reso noto un medico del carcere di Brasilia, che ha risposto negativamente alla richiesta di trasferimento di Battisti a Rio de Janeiro, dove deve comparire in un processo per uso di documenti falsi. Josè Souzo Flavio, medico della prigione di Papuda, ha precisato in un comunicato di aver sconsigliato il viaggio "per non aggravare le condizioni di salute" dell'ex terrorista.

Il processo in programma a Rio de Janeiro è dovuto al fatto che, nel momento di entrare in Brasile, qualche anno fa, l’ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac) aveva usato un passaporto falso. 

 

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