LItalia ha un disperato «bisogno di riforme». Di «riforme importanti, che svecchino le istituzioni e le modernizzino». Riforme rese ancora più urgenti da «due anni di crisi finanziaria ed economica che sembrano lontane dal volerci lasciare». Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, prova a scuotere la politica e le classi dirigenti del Paese dal torpore in cui si dibattono «da decenni» senza assumersi «la responsabilità di scelte strategiche e riforme complessive».
In un intervento molto severo, inviato al convegno di Fondazionetica su «La regola mancante», linfluente banchiere notoriamente vicino allex premier Prodi, e ultimamente dialogante con il ministro Tremonti, critica anche landazzo del Parlamento che, anziché dedicarsi a grandi riforme, «nella maggior parte dei casi» si limita a sfornare «leggine, se non leggi ad personam, che tutelano interessi di pochi, finalizzate a gestire il consenso senza gestire il Paese». «Nonostante questa gran mole di leggi - ha commentato al termine dellincontro escludendo la volontà di scendere in politica («ho già molto da fare») - abbiamo un problema di legalità».
Per Bazoli «il sistema istituzionale del nostro Paese viene da tempo percepito come un sistema vecchio, opaco, inefficiente» e rappresenta «un freno allo sviluppo del Paese». Le istituzioni, spiega, sono «avvertite come antagonista, quasi un ostacolo» dal mondo civile ed economico. Si tratta di «un quadro complessivo non incoraggiante» anche se «non nuovo» visto che già trentanni fa, ricorda, lo studioso Giuseppe Di Palma affermava che il problema dellItalia è quello di un Paese che «sopravvive senza governare». Il problema dellItalia, ma anche «la condizione della sua sopravvivenza», è «il non governo, ossia la pratica costante di evitare e di rinviare le decisioni scottanti». Bazoli paragona il nostro Paese al «calabrone»: «sempre sul punto di sprofondare» ma poi «contro ogni evidenza e logica, si risolleva e continua a volare».
Questa situazione però «non è più accettabile» nella situazione attuale. Per questo una serie di riforme non epocali, come quella costituzionale, ma mirate perché prioritarie, non sono più rinviabili.
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