Bazoli in slalom tra fondazioni e manager

Bazoli in slalom tra fondazioni e manager

«Adelante, con juicio». Come il cancelliere manzoniano Ferrer, il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli cerca di andare rapidamente avanti nella scelta del successore di Corrado Passera, ma con saggezza. Quella saggezza che deriva dall’esperienza.
Il deus ex machina del gruppo bancario milanese deve contemperare esigenze differenti e, a volte, divergenti. In ogni caso, l’incontro tra il professore e le Fondazioni azioniste previsto per oggi (ma potrebbe svolgersi anche in teleconferenza) potrebbe rappresentare un deciso passo avanti verso l’individuazione del nome giusto per raccogliere l’eredità dell’attuale superministro dello sviluppo e delle Infrastrutture.
La torinese Compagnia di San Paolo, primo socio con il 9,9%, è alla ricerca di una maggiore visibilità dopo l’uscita di scena dei due uomini «simbolo» del periodo post-fusione: Enrico Salza e Pietro Modiano. La Fondazione Cariplo (4,7%), presieduta da Giuseppe Guzzetti, è da sempre sostenitrice dei programmi bazoliani. Il nocciolo duro di Intesa Sanpaolo, che vale il 30% del capitale, è corroborato dagli apporti dell’Ente CariFirenze e delle Fondazioni Carisbo e Cariparo. Il nuovo top manager dovrà piacere a tutte.
Un’altra istanza fondamentale è quella della conservazione della governance. Il professor Bazoli è molto soddisfatto del sistema duale e non vorrebbe cambiare l’attuale struttura di gestione che prevede l’ad affiancato da due responsabili, uno per il retail (l’interim ceo Marco Morelli) e l’altro per l’investment (Gaetano Micciché).
La conferma dell’ex direttore finanziario di Mps al ruolo di amministratore delegato in pianta stabile non determinerebbe sommovimenti, ma è chiaro che non «premiare» in qualche modo pure Micciché, che ha ottenuto ottimi risultati nella gestione delle grandi partite finanziarie, significherebbe aumentare i rischi di perderlo, con grave danno per Intesa Sanpaolo. Ieri Micciché ha incontrato Guzzetti nella sede della Fondazione ed è improbabile che si sia tratto di una visita di mera cortesia. La soluzione del doppio ad non scontenterebbe nessuno dei due direttori generali. Ma, oltre a far levare il sopracciglio a Bankitalia, non sarebbe molto gradita al professore, memore della non brillante performance dei vecchi tempi del tandem Benassi-Merle.
Tutte questioni che spiegano la necessità di un «Sergio Marchionne» anche per Intesa Sanpaolo. Anche se la maggior parte dei ricavi è prodotta in Italia, la banca ha ormai assunto una caratura internazionale e per guidarla serve una vision globale. Oltretutto, se si scegliesse un profilo troppo vicino al mondo bancario italiano - come potrebbero essere i «candidati» Giampiero Auletta Armenise, Fabio Gallia e Pietro Modiano - i due direttori generali potrebbero sentirsi in qualche modo «scavalcati» da un pari grado. Lo stesso discorso è valido per altri due nomi provenienti dal mondo bazoliano come l’ad di Cdp Giovanni Gorno Tempini e quello di Ubi Banca Victor Massiah.
Sono, invece, poco praticabili indicazioni relative a supermanager di altri comparti produttivi come il numero uno di Vodafone, Vittorio Colao, a causa della loro elevata retribuzione che renderebbe la scommessa molto rischiosa. Ci vorrebbe un «Sergio Marchionne», ma trovarlo non sarà semplice.


Ironia della sorte nel sistema finanziario italiano ci sarebbero «risorse» in grado di poter comandare una portaerei come Intesa senza farsi prendere dalle vertigini e senza creare rivalità interne, proprio in virtù del loro nome. Ma proprio per avere militato negli anni scorsi in eserciti opposti a quello di Ca’ de Sass scontrandosi non solo con Passera ma soprattutto con il professore, non possono aspirare a quella poltrona.

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