Da B.B. King a Herbie Hancock I duetti salvano il rock in crisi

L’autunno caldo della musica: ecco gli album a più voci. E per il suo cd Santana ha convocato Steven Tyler, Sean Paul e Mary J. Blige

Antonio Lodetti

da Milano

È una moda sempre più diffusa nell’asfittico panorama discografico mondiale. I duetti sono una scommessa sicura. Prendete una grandissima rockstar, affiancatele il gotha della scena musicale ed il gioco è fatto: ecco un cd pronto per fare (potenzialmente) miliardi. È un po’ come le partite di calcio degli All Stars, anche se spesso i «numeri» dei campioni non sono garanzia di una bella partita. Non sono una novità i duetti; Zucchero ne è un pioniere e la formula è supersfruttata, persino Loretta Goggi, per rilanciarsi, nell’86 ha inciso l’album C’è poesia accompagnandosi a Mango, Ruggeri, Lavezzi e allo stesso Zucchero. In questi giorni però tre sontuosi dischi, concentrati di stelle, fanno eccezione alla regola unendo cuore e classe, sentimento e stile. I titolari sono senatori come B.B.King, Ray Charles, Herbie Hancock e presto, il 28 ottobre, si unirà a loro anche Santana con un All That I Am, cd con Mary J. Blige, Sean Paul, Steven Tyler.
«Dal fango del Mississippi sono arrivato sul trono della musica che conta», raccontava con emozione B.B.King un paio di mesi fa. Ora che ha compiuto 80 anni il monumento del blues festeggia con un’autobiografia (in arrivo quest’inverno) e con il cd B.B.King & Friends 80. Cosa aspettarsi ancora da lui? Un po’ di buon vecchio blues per esempio, dato che da tempo su disco si dedica a sterili esercizi commerciali. E 80 invece, al di là del vestito elegante e patinato, è un grande atto d’amore per il blues. Il blues alla sua maniera, al tempo stesso tradizionale e anticonvenzionale, che fonde atmosfere rurali e metropolitane, impennate jazz e rifiniture pop. Lo fa sin dall’inizio, con l’armonica di Van Morrison che sottolinea l’incedere sincopato di Early In the Morning. Poi King veste i panni del maestro di cerimonia invitando al suo party Mark Knopfler nell’avvolgente lento All Over Again, sfidando a duello Eric Clapton nel classico The Thrill Is Gone, emozionandosi col compagno di gioventù Bobby Bland nel country gospel Funny How Time Sleeps Away, coinvolgendo vecchi marpioni come Billy Gibbons degli ZZ Top e giovani virgulti come John Mayer, mettendo alla frusta anche Gloria Estefan e Sheryl Crow (molto meglio la seconda nella drammatica Need Your Love So Bad che la prima nell’inno di New Orleans There Must Be A Better World Somewhere). Che festa sarebbe senza un pizzico di rock, figlio degenere del blues adottato da B.B.? Che conclude in allegria con lo scatenato Rock This House giocando in velocità e fluidità di fraseggio con «il mio migliore amico Elton John».
Dopo Genius Loves Company, inciso quando la sua voce era ormai un soffio, in memoria di Ray Charles esce Genius & Friends, del ’98, quando l’artista era ancora in piena forma. Splendidamente in bilico tra tutti gli stili della tradizione afroamericana, imposta eleganti equilibri cromatici con voci a lui affini come quella di Diana Ross (Big Bad Love), ridisegna il tracciato melodico di evergreen pop come Imagine o l’inno patriottico America the Beautiful affiancato ora dagli Harlem Gospel Singers, ora da Alicia Keys. Tra un ammiccamento alla dance con Gladys Knight (la rutilante You Were There) e uno al nuovo soul con John Legend (Touch) torna agli antichi amori country con il «fuorilegge» Willie Nelson (Busted) e al contempo cerca l’appeal modaiolo con Joss Stone e George Michael (All I Want To Do e Blame It On the Sun) e fa fare una gran figura a Laura Pausini nella seducente Surrender To Love, scelta come singolo apripista dell’album.
Parte da incipit diversi Herbie Hancock con Possibilities. «Il jazz è una piovra - dice -, infatti ho intitolato l’album Possibilities per dimostrare quante possibilità ci siano di partire da uno stile per sviluppare nuovi suoni». Dai giovanili concerti mozartiani a brani da hit parade come Watermelon Man alla storia del jazz a fianco di Miles Davis, Hancock ci ha abituato alla sua schizofrenia stilistica. Qui lascia spazio ai suoi ospiti tenendosi in sottofondo con il suo magico pianoforte. Il capolavoro del cd è I Do It For Your Love di Paul Simon, riletta a rallentatore con la voce sognante di Simon e un accompagnamento magico e soffuso.

Poi un ping pong d’atmosfere con i chiaroscuri della voce di Sting (Sister Moon), la fantasia vocale di Annie Lennox (Hush Hush Hush), il disincanto pop di Christina Aguilera (A Song For You) fino ad arrivare a brani in trio dal sapore latino come Safiatiou con la debordante chitarra di Santana e la voce di Angelique Kidjo, per poi chiudere il cerchio con una compassata versione di I Just Called To Say I Love You (con l’armonica dell’autore Stevie Wonder) condotta dalla voce della rivelazione Raul Midon.

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