La Bce taglia di nuovo i tassi: sono all’1%, ma non basta

Il ribasso dei tassi d’interesse europei era «annunciato», e la Bce lo ha confermato ieri, portando il tasso centrale all’1%, il minimo di sempre dalla creazione della moneta unica. In più, come annuncia il presidente Mario Draghi, la banca centrale introduce nuove misure di sostegno alla liquidità nell’eurozona con due finanziamenti «a rubinetto», cioè illimitati, della durata di tre anni. Inoltre l’Eurotower rende più ampia la gamma dei titoli che possono essere forniti dalle banche come «collaterale», ovvero come garanzia, ai prestiti, includendo i titoli garantiti da attivi come i mutui (asset-backed securities). «Le nuove misure - spiega Draghi - assicureranno un accesso rafforzato alla liquidità per le banche e faciliteranno il funzionamento del mercato monetario nell’area dell’euro».
Anche la manovra finanziaria varata in Italia, che contiene elementi interessanti, «rafforzerà la fiducia dei mercati», aggiunge il presidente della Bce, anche se «dovranno seguire altre misure orientate alla crescita e alla competitività». Draghi bolla comunque come impossibile l’implosione dell’euro, negando che le banche centrali dei singoli Paesi stiano eleborando piani per un ritorno alle monete nazionali: «Sarebbe imprudente creare un piano su un qualcosa che ha probabilità zero di accadere».
I mercati speravano in qualcosa di più forte da parte della Bce, ed hanno reagito male. Ma Draghi ha potuto sparare solo le cartucce di cui dispone realmente, mentre ha dovuto tenere sotto chiave quello che i giornali anglosassoni chiamano il big bazooka: l’acquisto senza limiti di obbligazioni dei Paesi europei in difficoltà, insieme con l’Efsf (il Fondo europeo salva-stati) e il Fondo monetario internazionale. I trattati, osserva l’ex governatore di Bankitalia, vietano alla Bce di finanziare i debiti pubblici con la cosiddetta monetizzazione del debito, e dunque «vanno rispettati nella lettera e nello spirito». La Banca non sarà dunque, a meno di una modifica dei trattati, un prestatore di ultima istanza. Anche l’ipotesi di trasferire risorse Bce al Fondo monetario internazionale, che a sua volta le presterebbe agli Stati europei è «molto complicata dal punto di vista legale». Nè si è mai discussa, alll’interno del Consiglio, l’ipotesi di porre un limite ai rendimenti dei titoli o agli spread dei Paesi in difficoltà.
La decisione di allentare i rubinetti della liquidità, e di tagliare ancora una volta i tassi d’interesse, non è stata presa all’unanimità dal Consiglio della banca centrale, tutt’altro. Lo stesso Draghi rivela che la discussione in seno al Consiglio è stata «accesa» e le decisioni sono state prese a maggioranza. Non si fa fatica a immaginare le obiezioni dei rappresentanti della Germania e degli altri Paesi nordici, ad esempio la Finlandia, a un allentamento ulteriore della politica monetaria nell’eurozona.
Sul fronte dell’economia reale, Draghi prende atto di una situazione negativa, dovuta alle tensioni dei mercati e alla crisi del debito che «continuano a minare la ripresa nell’area dell’euro». I rischi di rallentamento sono alti, e la Bce rivede in peggio tutte le previsioni: nell’intera Eurozona il pil 2012 viaggia fra una crescita negativa del -0,4% e un massimo dell’1,1%. Nel 2013 la forbice è fra lo 0,3% e l’1,2%. L’inflazione resterà superiore al 2% ancora per i prossimi mesi.

«Sicuramente tornerebbe la fiducia dei mercati se all’eurosummit si facessero progressi significativi nel rafforzamento dei trattati», ha osservato Draghi, che dopo la conferenza stampa s’è trasferito a Bruxelles per il Consiglio Ue.

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