«Beautiful» ci ha raccontato come saremmo diventati

Quando vent’anni fa arrivarono in Italia, questi alieni dall’aura platino, la gente non aveva ancora capito che oltre alla testa e all’anima si poteva avere anche un corpo. Qua «da noi» l’involucro era ancora negato, e non era meglio: se il corpo non ha senso, puoi fargli dire qualsiasi cosa. Le donne non si rifacevano le tette ma si rovinano con esperimenti di tintura per i capelli, si mortificavano le proporzioni con spalline imbottite da rugbisti, si strizzavano le cosce gelatinose in jeans troppo attillati.
Loro planarono dagli Stati Uniti d’America forgiati per essere, ma lo avremmo scoperto solo dopo, eternamente belli ed eternamente giovani. Avevano gambe lunghissime e affusolate, muscoli scolpiti dall’esercizio, incarnati luminosi, chiome vaporose. Ed erano anche, ma lo avremmo scoperto solo dopo, eternamente ricchi ed eternamente potenti.
Il 4 giugno del 1990, quando Raidue trasmise la prima puntata di Beautiful (dal 5 aprile del 1994 passò su Canale 5), in Cina andavano ancora in bicicletta, in Italia c’erano la dittatura della Fiat e sei sparuti canali televisivi, i politici erano intoccabili (mentre oggi sappiamo anche quante volte al giorno fanno l’amore) ed erano gli stessi di quarant’anni prima, l’Aids imperversava senza che ancora lo sapessimo, non avevamo i telefonini... e un sacco di altre cose.
E arrivarono loro, ad incarnare alla perfezione il vitalismo occidentale. Ad anticipare, appena di un poco, il berlusconismo. E Berlusconi arrivò, appena di un poco, dopo loro. Mentre il comitato centrale del Partito Comunista stava ancora attorno al Muro appena sbriciolato, lui, il presidente, sapeva già di Beautiful e vinse, prima come imprenditore, poi come politico. L’Italia era stufa di lottare, stufa di un passato che ingombrava l’avvenire, aveva voglia di vivere senza chiedere permesso, aveva voglia di pensare a sé. Erano gli anni Ottanta. Che sono stati come gli anni Sessanta ma solo per qualcuno. Nei Sessanta stavano bene tutti, negli Ottanta solo alcuni. (Come adesso, insomma, solo che allora stavamo diventando ricchi, ora facciamo i conti con l’eredità di chi è stato troppo ingordo).
E arrivarono loro, si diceva, attraverso la tv commerciale. Queste gommose creature che erano come tutti avrebbero voluto essere, che facevano quello che tutti avrebbero voluto fare: comparire e scomparire e ricomparire. Creato dalla coppia William J. Bell e Lee Phillip Bell, per riempire le strisce tv Usa in cui andavano ficcate le pubblicità dei detersivi e dei detergenti personali (soap), Beautiful andò in onda per la prima volta in America il 23 marzo del 1987 con il titolo originale The Bold and the Beautiful. E nessuno aveva dato la giusta pesata alla forza che sarebbe stata in grado di scatenare nell’immaginario collettivo. Invece fu subito Beautiful mania. Quegli extraterrestri ritoccati dall’estetista con le loro unioni libere che sono poi adulteri sotto controllo, con il loro denaro che non ha odore, con le loro intimità inabitabili e i loro ancor più infrequentabili dialoghi. Nei loro soggiorni straripanti di fiori e specchi, con i loro amplessi nella vasca da bagno recintata di candele accese, con le loro case di moda dai nomi graffianti che ricordavano un po’ quelli dei nemici di 007. Con le loro espressioni innaturalmente immobili ad accompagnare tumulti insospettabili, trame inimmaginabili, rancori potentissimi, crudeltà inconcepibili.
Con certi intrighi di cui non pensavamo ancora capace nessuno, e che invece erano alla portata persino della nostra vicina di casa, avremmo poi scoperto, negli anni... Erano i tempi in cui Londra, New York e Parigi ci sembravano ancora Londra, New York e Parigi e «beati loro, là che hanno le cose...». E da noi arrivavano loro, su quella potentissima leva, moltiplicatrice di ricchezza che era, che è, la tv commerciale. Nati per farci consumare, diventati il nostro consumo preferito, ha creato più posti di lavoro Beautiful (quello dei saponi) del Partito Comunista. Per il nostro orrore.
La famiglia Forrester e tutti i suoi globuli biondi a mollo nelle piscine riscaldate, i loro matrimoni a Malibù, le loro crociate sentimentali portate avanti per lo stesso uomo o per la stessa donna, senza mai riportare, in battaglia, la ferita di una ruga. La loro plastica ben conservata, passata indenne da vent’anni di storia per cinquemila episodi.

E davanti noi, a scioglierci, a invecchiare, a farci attutire dagli air-bag, a farci amplificare dai cellulari, ad andare a votare, a farci catapultare dagli Ottanta al Duemila. Costretti ad ammortizzare la seconda Repubblica, l’euro e il Terzo millennio. Senza mai l’invidiabile possibilità di scomparire.

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