Al Beccaria sono quasi tutti islamici. Per assistere i ragazzi arriva l'imam

Insieme al cappellano cattolico, sarà guida spirituale per i giovani musulmani detenuti. "Un progetto nato per favorire l'integrazione e contro il rischio della radicalizzazione"

Al Beccaria sono quasi tutti islamici. Per assistere i ragazzi arriva l'imam
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Per la prima volta in Italia un imam entra come ministro di culto in un carcere minorile, con l'approvazione e l'autorizzazione del Viminale e del ministero della Giustizia. Succede al Beccaria, grazie al protocollo firmato ieri e voluto fortemente dalla presidente del Tribunale per i minorenni, Maria Carla Gatto, e dall'arcivescovo Mario Delpini.

Alla firma si sono incontrati per la prima volta il cappellano del Beccaria, don Claudio Burgio, e l'imam presso la comunità islamica di Sesto San Giovanni, Abdullah Tchina. Il rappresentante di fede islamica, che affiancherà il sacerdote e accompagnerà i giovani musulmani detenuti, è stato indicato dall'Arcidiocesi, dopo che la presidente Gatto ha presentato il progetto a monsignor Delpini e ne ha raccolto l'appoggio. Nel 2024 i detenuti dell'Ipm sono stati 297, di cui 227 (cioè il 78%) stranieri. Tra gli stranieri, l'87 per cento veniva da Paesi islamici. "L'imam - spiega Gatto - darà assistenza morale e spirituale ai giovani di fede islamica. Si tratta di una risposta ai cambiamenti culturali nel carcere e alle difficoltà crescenti nel percorso di rieducazione e responsabilizzazione dei minori reclusi. È un modo per trasmettere il rispetto delle regole della società civile e per contrastare la radicalizzazione in carcere, che spesso nasce dall'emarginazione e dal senso di solitudine personale. Un sostegno personale prima ancora che strettamente religioso". Molti minori detenuti sono stranieri non accompagnati, che in Italia non hanno punti di riferimento. Il progetto è rivolto soprattutto a loro. Continua la presidente del Tribunale: "Per loro l'imam sarà una guida, che favorirà l'inclusione nel Paese che li accoglie e creerà uno spazio di pacificazione. Solo così questi ragazzi potranno intraprendere un cammino di responsabilizzazione". Il progetto dell'imam nell'Ipm ha affrontato una fase di istruttoria da parte del ministero dell'Interno. "Poi - conclude Gatto - è arrivato il nullaosta. E il ministero della Giustizia ha approvato, auspicando un'estensione agli altri Ipm".

Così il vicario episcopale, monsignor Luca Bressan: "Questo progetto dimostra che le religioni lavorano insieme a una società di pace. Così il dialogo realizza l'umanesimo ambrosiano". L'imam Tchina, da decenni in Italia e con un master in Cattolica, da vent'anni collabora con l'Arcidiocesi in iniziative per l'integrazione dei giovani. Ha anche lavorato per anni con le carceri di Bollate e San Vittore. "Oggi ufficializziamo, e ringrazio per questo, ciò che già facevamo da tempo. È il frutto di decenni di dialogo con le altre comunità religiose. Nel carcere daremo un'assistenza religiosa a chi la cerca, ma non forzeremo chi non la vuole. Daremo un aiuto per così dire neutro, da padri di famiglia, ai ragazzi che ne hanno bisogno. Spesso ai minori detenuti manca una guida, sono nella disperazione, e molti di loro non conoscono l'Italia. Cercheremo di aiutarli a sentire la loro responsabilità nella famiglia e nella società civile. E forniremo un orientamento utile anche fuori dal carcere. Inoltre daremo un contributo al contrasto della radicalizzazione". Infine don Burgio: "Per noi è una iniziativa molto importante, che sollecitiamo da anni. Lo ha fatto don Gino Rigoldi e io ho continuato ad auspicarla".

Hanno sottoscritto inoltre il protocollo il procuratore per i minorenni, Luca Villa, il direttore del Centro per la giustizia minorile della Lombardia, Paolo Gabriele Bono, e il direttore reggente del Beccaria, Teresa Mazzotta.

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