da Pechino
La Città Proibita di Pechino è l'antica reggia, ma il nome non forza la realtà; davvero essa è una città e ci vogliono almeno quattro ore senza soste per visitarla. Finito l'impero (1911), la Città Proibita è diventata un museo e, come tutto ciò che è stato proibito, è frequentatissimo: nella sola giornata del 2 maggio si sono venduti un milione e duecentomila biglietti d'ingresso. Ogni turista, giunto nella settimana di ferie che segue la festa del lavoro, venisse dalle campagne in torpedone o da Hong Kong con la Dragon Air, si è dato convegno qui.
È come se il popolo cinese, di lingua mandarina o cantonese, cerchi qui le radici, con un'ansia esasperata dallo snaturamento di Pechino, in corso da anni (tutta la Cina è un cantiere), ma accelerato ulteriormente dall'incombere delle Olimpiadi, che si apriranno l'8 agosto 2008. Infatti l'area della Città Proibita è l'unica di Pechino certa di non essere spazzata via, mentre non lo è l'adiacente quartiere di Qouhai, dove le case basse con cortiletto della vecchia Pechino, attorno al laghetto, ospitano karaoke-bar e botteghe per turisti. Dall'altro versante della Città Proibita, la Tian An Men vede il mausoleo di Mao Zedong da un mese chiuso per restauri. Ma tuttora aperto è il culto di Mao e il suo ritratto sovrasta sempre la porta della Città Proibita che dà sulla piazza: qualcosa deve pur restare perché tutto cambi...
E La Città Proibita s'intitola il film di Zhang Yimou uscito da un mese in Francia e che uscirà fra quindici giorni in Italia. Rischierà allora d'esser soverchiato dagli echi del Festival di Cannes, ma state attenti: a dispetto della stagione avanzata, La Città Proibita non è un bidone estivo, è un grande film, l'ennesimo di un grande regista, che per la prima volta lavora col divo del cinema hongkonghese Chow Yun Fat (l'imperatore).
Il nuovo sodalizio professionale è però messo in ombra dal ritorno di uno lungo, vecchio e non professionale, quello che è ripreso dopo dieci anni con Gong Li (l'imperatrice). Una storia d'amore mutata in odio quella del film: lui la sta avvelenando perché lei lo sta tradendo col figlio di primo letto; lei lo sa e lo ricambia ordendo un complotto. Certi grandi amori non si spengono: diventano solo grandi odi. Così chi scruta il cinema dal buco della serratura si è chiesto se quella del film sia una metafora della fine dell'amore fra il regista e la sua interprete; o se il fatto che siano tornati a lavorare insieme significhi che sono tornati a stare insieme.
Ogni forma d'attenzione giova agli incassi, anche se quelli della Città Proibita intesa come film non sono stati alti in Cina - qui è gia in vendita in dvd - come quelli della Città Proibita intesa come museo. Certo è che Zhang Yimou non è mai parso un regista incline alla romanticizzazione della donna. Le eroine dei suoi primi film, quelle che gli suscitavano le simpatie interessate delle riviste femministe/femminili, non erano angelicate, anzi. No, a Zhang Yimou la storia passionale serve da mantello alla storia politica. L'amore può decidere due destini, anche se di solito ne decide solo uno; il potere decide milioni - in Cina miliardi - di destini. La Città Proibita evoca i tradimenti familiar-dinastici di Re Lear, non quelli sentimental-possessivi di Otello, per restare dalle parti di Shakespeare. E se forse Zhang Yimou non ha appreso la dicotomia essenziale del politico (amico-nemico) da Machiavelli o da Schmitt, l'ha appreso da Sun Zu.
Tutto o quasi si svolge fra le mura delle reggia nella Città Proibita, come del resto in Hero, il capolavoro di Zhang Yimou. Ma ormai nemmeno lui - già al lavoro per la fantastica coreografia d'apertura delle Olimpiadi - può girare nella vera reggia, fortuna toccata in extremis a Bernardo Bertolucci per L'ultimo imperatore.
La bella Gong Li svela la Cina misteriosa di Zhang Yimou
Esce il 25 maggio in Italia il nuovo film del regista di «Hero» che racconta la storia damore, tradimento e vendetta tra limperatore e limperatrice
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.