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Belle, giovani, moderne: un poker di regine islamiche si gioca il mondo di domani

Il loro regno è al confine tra due mondi, Oriente e Occidente: si battono per i diritti delle donne e per abbattere antichi tabù. Asma si ispira a Evita Peron, Rania ricorda Jacqueline Kennedy e Mozah è considerata l'Hillary Clinton del Medio Oriente

Non vogliono solo governare, ma cambiare, rischiare, stupire. Il loro regno è al confine tra due mondi, Oriente e Occidente, regine felici di Paesi meno felici. Ma mai come adesso, nella cosiddetta guerra di civiltà, il mondo ha bisogno di loro. Rania di Giordania, Salma del Marocco, Mozah del Qatar e Asma di Siria, quattro donne diverse ma simili, musulmane e occidentali, donne dove è più difficile essere donna. Regnano in Paesi che ancora discriminano, impediscono di vivere, ma anche pieni di rivendicazioni, di sogni, di progetti. Hanno il compito di dare una nuova identità alle donne, un'idea del mondo migliore, magari bella come loro. Sono l'ombra del marito, Abdullah II re di Giordania, Bashar Al-Assad padre padrone della Siria, Hamad bin Khalifa al-Than emiro del Qatar, Mohammed VI re del Marocco, sovrani quasi tutti giovani, la nuova generazione del potere in Medio Oriente. Gente che conta, figure centrali di tempi mai così difficili. Ma non hanno nessuna intenzione di recitare il ruolo di comparse. Rania ha cancellato dalle leggi il delitto d'onore, Salma abolito il ripudio e il dovere di obbedienza al marito, Mozah esteso il voto alle donne. Se Asma si ispira a Evita Peron, Rania ricorda Jacqueline Kennedy e Mozah è considerata l'Hillary Clinton del Medio Oriente. In piena sfida integralista, predicano il pluralismo, aprono la strada all'economia globale, influenzano sulla modernizzazione del Paese, si fanno sentire. Una generazione di donne che sfida conservatorismo e sessismo, ma che vuole emanciparsi anche se sempre nel nome del Corano. Perché spesso le rivoluzioni storiche cominciano con rivoluzioni private. Predicano insomma una terza via, forse quella giusta. Spiegano che dietro il velo a volte può anche nascondersi un sorriso.
Salma Bennani, la Cenerentola marocchina che infrange tutti i tabù
Salma ha 32 anni ed è la più piccola del gruppo. Prima di sposare Sua Maestà Mohammed VI viveva in un appartamentino di Qbibat, quartiere popolare di Rabat, col papà insegnante rimasto vedovo quando Salma aveva tre anni, cercando di far fruttare la laurea in ingegneria informatica. Ora cammina a piedi nudi per i palazzi del regno, scandalo degli scandali, e ha vietato al personale di corte di invocare ogni volta Dio davanti a lei. È la più piccola, ma già si è fatta sentire. Già il giorno del matrimonio è stata presentata ai sudditi a volto scoperto, i capelli rosso fuoco sciolti sulle spalle, senza il tradizionale velo. Rompendo un tabù che durava da tre secoli e mezzo. Bagno di folla sotto lo sguardo dei media. Quasi una bestemmia. Poi Sua Maestà, il «Comandante di tutti i Credenti», ha voluto per lei il titolo di «Altezza Reale» mai concesso alla moglie di un sovrano marocchino. Ne ha approfittato subito per ispirare il mudawana, il nuovo codice di famiglia: da oggi in poi, tanto per dirne un paio, le donne potranno scegliersi liberamente marito e divorziare senza perdere la custodia dei figli. Non è stato il popolo che l'ha chiesto al proprio sovrano, è lei che l'ha preteso dal marito. E si sa come sono le mogli quando vogliono qualcosa...
Rania Atallah, la principessa palestinese che sfida gli integralismi
Rania è tante cose: è la ragazzina di buona famiglia cresciuta nelle migliori scuole americane del Medio Oriente, la principessa profuga fuggita dal Kuwait invaso da Saddam, la maschera di lacrime e fango che soccorre i kosovari, la modella preferita di Valentino e di Ferrè. Ma soprattutto la regina palestinese dei giordani in un Paese dove i giordani di origine palestinese sono i due terzi dei quasi quattro milioni di abitanti. Da quando c'è lei il re non parla più in prima persona, ma dice «Rania e io». Mica male per quello che è in fondo il 43° discendente di Maometto. Due dichiarazioni. La prima: «L'Islam è una religione di pace che una minoranza di fanatici sta coprendo di fango». La seconda: «Non dobbiamo fare in modo che le nostre vite siano sottomesse al terrore». Disponibile e irraggiungibile, è il tipo che si infila senza badare al protocollo in una pizzeria, ma che mette a letto i figli leggendo versetti del Corano. Un motoscafo kamikaze di Al Qaida ha già tentato di far saltare lo yacht con tutta la sua famiglia al largo della Grecia, lei per tutta risposta ha guidato 80mila persone in piazza nella più grande manifestazione contro il terrorismo mai vista in un Paese arabo. Mica facile nella terra che fu di Al Zarqawi.
Asma Al Assad, l'Evita di Siria con il cuore che batte a Londra
Bella è bella. Anzi splendida. E con un nome mozzafiato: Asma. Asma Akhras, moglie di Bashar al-Assad, presidente ereditario di uno dei regimi più feroci della terra, nemico giurato di Israele, accusato di sponsorizzare il terrorismo, di torturare gli oppositori politici. Uno degli obiettivi dei falchi del Pentagono che inseguivano la guerra preventiva. A meno che lei... Farsi un nome in certi ambienti è importante. A Londra, dove è nata, la chiamavano Emma, in Siria l'hanno soprannominata Evita. Tanto per capire da dove viene e dove vuole andare. Più difficile per lei capire chi essere. «Sono araba e sono inglese, non sono l'uno o l'altro, ma parte di entrambi i mondi». Un ponte tra due mondi che molti vorrebbero minare. Asma è quella che non vuole vivere all'ombra del marito come Amisah, la consorte di Assad padre, che in trent'anni di regno non si è mai affacciata all'uscio di casa, quella che ha tenuto nascoste le nozze un paio di mesi per visitare in incognito le zone più povere del Paese: «Volevo conoscere i siriani prima che loro conoscessero me». A 36 anni l'ex analista della Deutsche Bank, figlia prediletta di un cardiologo sunnita, ha il futuro in pugno: anche perché metà del suo popolo ha meno di 15 anni.
Sheika Mozah, la regina di Al Jazeera innamorata della libertà
Sheikha Mozah Bint Nasser Al-Misnadi è la seconda delle tre mogli dell'emiro del Qatar, ma vale per quattro. Ha 45 anni, tredici in meno del marito Hamad bin Khalifa al-Thani, sposato un quarto di secolo fa quando lei frequentava ancora le scuole superiori e al quale ha dato sette figli ma che ora, con rispetto parlando maestà, dice di considerare «un amico più che un marito». Insofferente al protocollo, ma mai piena di sé, si fa curare il look da Chanel, le piace abbinare pantaloni di velluto nero a parure di diamanti, ci tiene a far sapere che Al Jazeera, la tv del suo Paese, «ha aperto gli occhi al mondo arabo». E spiega: «La nostra gente è pronta per la democrazia». Laureata in sociologia, poliglotta, appassionata di fitness, insofferente a ogni forma di integralismo, ha fatto dell'istruzione una missione. Perché dice: «Prima di tutto è la cultura che libera la persona». E poi c'è la famiglia: «Tutti devono combattere chi vuole distruggere il concetto della famiglia, contraddicendo le tre religioni monoteistiche e la coscienza dell'umanità». Tre religioni dice, non una. E queste sì sono parole sante.
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