La Bellucci: «Non mi fa paura vedermi con occhiaie e rughe»

L’attrice spiega perché ha scelto di interpretare «The Stone Council», il dramma di una madre che va fino in Mongolia per cercare il figlio rapito

Pedro Armocida

da Roma

Sarà stato un caso, o perché si tratta di un thriller fantastico per lo più notturno, ma Monica Bellucci s’è presentata alla conferenza stampa di The Stone Council, negli stessi attimi in cui si consumava la tragedia nella metropolitana di Roma, listata a lutto, giacchetta, pantaloni, top neri come il comunissimo elastico a tenere raccolti i lunghi capelli. Scura in volto, introdotta da Piera Detassis che annunciava stravolgimenti del programma della Festa, ha avuto parole di buon senso: «Sono sicura che siamo tutti molto scioccati da questa tragedia e ci sentiamo un po’ stupidi a parlare di cinema. Ma siccome ho molto rispetto per il vostro lavoro possiamo parlare del film». Così si è aperto ieri l’incontro con l’attrice di Città di Castello, ma ormai francese d’adozione, e con il regista Guillaume Nicloux che ha portato sul grande schermo un altro dei fortunati romanzi di Jean-Christophe Grangé (Garzanti), dopo I fiumi di porpora di Mathieu Kassovitz e L’impero dei lupi di Chris Nahon.
L’attrice, due giorni dopo aver presentato alla Festa il divertente personaggio prettamente femminile della contessa dall’intercalare umbro in N (Io e Napoleone) di Paolo Virzì, qui è trasformata, con un caschetto nero che ricorda sorprendentemente Paola Cortellesi, chiamata a interpretare una mamma alle prese con gli strani presagi che accompagnano lei e il suo bambino adottivo. Tra sogni popolati di animali e di morte, scie di sangue, una Catherine Deneuve in versione diabolica, si snoda una vicenda che vedrà la Bellucci ricercare il figlio rapito fino in Mongolia, tra una popolazione che aspetta la «Sentinella», il predestinato da sacrificare nel «Consiglio di pietra» per rendere immortali i presenti.
Racconta Monica: «Quando mi è stato proposto il film avevo molta paura perché è sempre difficile portare un romanzo di genere al cinema. Mi piaceva però come il regista voleva lavorare. Ha tolto la mia mediterraneità, rendendomi più francese con i capelli corti, lo sguardo infantile e più dimesso. È una donna che non si ricorda per il suo fisico». Perché, come ripete spesso, «non ho paura di vedermi con le occhiaie o con le rughe. Essere sempre perfetta mi sembra monotono, lasciamo questa immagine alle copertine patinate e ritoccate». Il lato dissacrante di Monica Bellucci forse non è molto conosciuto ma è lo stesso che ha usato l'altro giorno nella trasmissione di Fiorello dove, con grande senso dell’autoironia, s’è prestata a imitare la sua imitatrice (Gabriella Germani): «Avevo una paura folle perché lei mi prende in giro in marchigiano, sulla falsariga de I mitici, io invece ho usato l’umbro».
La Bellucci, che vedremo presto in Manuale d’amore - episodi successivi, non ha avuto difficoltà ad immedesimarsi nel suo ruolo in The Stone Council dato che «quando sei madre entri in uno stato d’animo naturale in cui quasi non hai bisogno di recitare. In Mongolia per la prima volta ho lasciato a casa mia figlia piccola e quindi il transfert è stato naturale». Nessun problema infine con i temi centrali del film come l’atmosfera vagamente esoterica e l’adozione: «Ho avuto un’educazione cattolica ma sono agnostica. Credo però nella spiritualità e nelle possibilità sconosciute del nostro cervello.

Per quanto riguarda adottare un bambino penso che esistano delle leggi ma non c’è la giustizia perché ci si impiega troppo tempo. Così la polemica su Madonna mi è sembrata inutile e ridicola. Qualsiasi cosa è meglio dell’orfanotrofio».

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