Il «Belvedere Cederna» ridotto a un immondezzaio

Caro Vittorio Sgarbi, in una delle tue ultime, sacrosante polemiche ti sei scagliato contro l’«insipienza di chi si appropria» di Antonio Cederna e di chi a sinistra considera questo grande giornalista, archeologo e ambientalista scomparso 10 anni fa una sua esclusiva. Per una volta forse sei stato troppo contenuto. Perché a Roma dopo avere usato la sua figura, dopo averlo sepolto, come becchini un po’ distratti, ogni giorno ne sfregiano la memoria. I termini della questione: l’amministrazione di centrodestra di Milano, orrore, e l’assessore alla Cultura, Vittorio Sgarbi, obbrobrio, hanno votato all’unanimità di intitolare una strada a Cederna. Per l’intellighenzia di sinistra, ha dato voce all’esecrazione il noto opinionista Luca Beltrami Gadola: «L’insipienza dell’unanimità o insipienti all’unanimità? Non c’è molta differenza». E ha sostenuto che a Milano hanno aderito alla proposta di Sgarbi perché quegli zotici di destrorsi neanche sapevano chi fosse Cederna. Basterebbe passare al «Belvedere Antonio Cederna» - ribattezzato «malvedere» - a Roma per toccare in quale considerazione gli intellettuali di sinistra, i politici di sinistra, gli amministratori di sinistra tengano la sua memoria. «Belvedere Antonio Cederna» è uno sputo di terra ai Fori. Inaugurato in pompa magna dalla giunta Rutelli è ridotto a latrina. Cartacce ovunque, sporcizia, perfino la targa è imbrattata. I lampioni mezzo divelti e rotti. Quando fu sistemata lì, nel ’97, l’allora sindaco Francesco Rutelli, e attuale ministro dei Beni culturali, promise che era il via al sogno di Antonio, 2.500 ettari di parco dai Fori all’Appia Antica. Naturalmente rimasti sulla carta. Antonio Cederna sosteneva come uno dei principi per una nuova urbanistica «il coraggio di rinunciare a costruire» contro «l’elefantismo», la dilatazione della città. Secondo Beltrami Gadola gli amministratori milanesi di centrodestra sono «indegni» di ricordarlo perché «combatté contro tutto quello che sta facendo l’attuale giunta». A Roma 15 anni di giunte rosse hanno demolito perfino ogni traccia delle battaglie di Antonio Cederna. Tre lustri di giunte rosso-verdi sono riusciti a fare ciò che nessuna giunta «democristiana» in passato aveva osato fare. Ovvero costruendo a ridosso e oltre il raccordo anulare hanno fatto saltare quell’anello verde che è sempre stato la salvezza, il polmone della capitale. Saldando in un’unica colata di cemento Roma con l’hinterland e verso i Castelli. Un’immensa periferia per - come li chiamava Cederna - i «murati vivi». Il giorno della sua morte, il 26 agosto 1996, Rutelli disse: «Oggi gli ambientalisti che hanno imparato molto da Antonio Cederna sono al governo dell’Italia e delle città». Appunto. Anche Vittorio Emiliani, il fustigatore, non ha rinunciato a incensarlo: «Il più agguerrito, attrezzato, rigoroso scrittore e polemista sulle vicende dell’urbanistica, della natura, dei centri storici, dei monumenti minacciati». Che non si trovino mai a passare dalle parti dei Fori e del «belvedere»? Dopo la pubblicazione di una foto - una - scattata da un fotoreporter attento che documenta il degrado il sindaco Walter Veltroni ha fatto dare una ripulitina.

È stata cancellata una scritta, il resto è rimasto com’era. Cederna si starà rigirando nella tomba. Ora, caro Sgarbi, che ha una via anche a Milano potrà almeno, nella sua condizione di eterno esule, emigrare per un po’.
pierangelo.maurizio@alice.it

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