Roma - Gli scienziati a volte, invece che verso il bene e il progresso dell’umanità, indirizzano le loro ricerche verso il «facile guadagno» o hanno «l’arroganza di sostituirsi al Creatore» e così facendo la loro attività «può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità». È l’allarme che ha lanciato ieri mattina Benedetto XVI, ricevendo in udienza in Vaticano i partecipanti al congresso internazionale promosso dalla Pontificia università Lateranense nel decimo anniversario dell’enciclica Fides et ratio di Papa Wojtyla.
Ratzinger ha elogiato «la lungimirante profondità» del predecessore e la «grande apertura nei confronti della ragione» presente nell’enciclica, soprattutto in un periodo in cui viene invece teorizzata la «debolezza» della stessa ragione. Ha quindi messo in luce l’importanza di coniugare fede e ragione, difendendo la «capacità» di quest’ultima di raggiungere la verità. Benedetto XVI ha continuato: «Non possiamo nasconderci, tuttavia, che si è verificato uno slittamento da un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale. La ricerca si è volta soprattutto all’osservazione della natura nel tentativo di scoprirne i segreti. Il desiderio di conoscere la natura si è poi trasformato nella volontà di riprodurla». Questo cambiamento «non è stato indolore»: l’evolversi dei concetti ha intaccato il rapporto tra fede e ragione, «con la conseguenza di portare l’una e l’altra a seguire strade diverse. La conquista scientifica e tecnologica», con cui la fede è «sempre più provocata a confrontarsi, ha modificato l’antico concetto» di ragione e «in qualche modo, ha emarginato la ragione che ricercava la verità ultima delle cose per fare spazio ad una ragione paga di scoprire la verità contingente delle leggi della natura».
«La ricerca scientifica - ha continuato il Papa - ha certamente il suo valore positivo. La scoperta e l’incremento delle scienze matematiche, fisiche, chimiche e di quelle applicate sono frutto della ragione ed esprimono l’intelligenza con la quale l’uomo riesce a penetrare nelle profondità del creato. La fede, da parte sua, non teme il progresso della scienza e gli sviluppi a cui conducono le sue conquiste quando queste sono finalizzate all’uomo, al suo benessere e al progresso di tutta l'umanità».
Ma questi obiettivi di benessere e di progresso sono talvolta disattesi, ha spiegato Ratzinger: «Avviene, tuttavia, che non sempre gli scienziati indirizzino le loro ricerche verso questi scopi. Il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante». È questa, spiega, «una forma di hybris», vale a dire una presunzione di potenza, «che può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità. La scienza, d’altronde, non è in grado di elaborare principi etici; essa può solo accoglierli in sé e riconoscerli come necessari per debellare le sue eventuali patologie».
In questo contesto, dice ancora Benedetto XVI, filosofia e teologia rappresentano «aiuti indispensabili» per evitare «che la scienza proceda da sola in un sentiero tortuoso, colmo di imprevisti e non privo di rischi».
Affermare questo «non significa affatto limitare la ricerca scientifica o impedire alla tecnica di produrre strumenti di sviluppo», bensì mantenere «vigile il senso di responsabilità che la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza, perché permanga nel solco del suo servizio all’uomo».Parole che hanno provocato l’immediata reazione dell’astrofisica Margherita Hack: «Le dichiarazioni del Papa sono davvero fuori dal mondo, sono stupide».
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