Benetton, il mercato punta su un «ritocchino» all’Opa

L’unica certezza è che la Borsa spera di strappare qualche euro in più per l’addio di Benetton a Piazza Affari. Per tutto il resto, l’ultima pagina non è stata ancora scritta. Ieri il titolo del gruppo tessile di Ponzano Veneto è tornato agli scambi e ha chiuso a quota 4,742 euro con un rimbalzo del 17,09% che ha portato le quotazioni al di sopra dei 4,6 euro dell’Opa volontaria di Edizione Holding.
In ogni caso, tra i 30 giorni di preparazione del prospetto e i 15 a disposizione di Consob, qualcosa potrebbe cambiare. Non foss’altro perché l’Authority guidata da Giuseppe Vegas sta controllando attentamente i consistenti rialzi del titolo nelle due sedute precedenti la sospensione a Piazza Affari. Gli accertamenti, in questi casi, non sempre procedono speditamente giacché se gli acquisti sono stati effettuati su mercati esteri o in dark pools, occorrono le autorizzazioni da parte delle autorità internazionali. Eventualità molto probabile considerato che in Italia c’è minore know-how di queste pratiche sia a livello di software che di hardware.
Occorre, tuttavia, rilevare come vi sia una discrepanza tra ciò che il mercato «auspica» e le valutazioni degli analisti: Intermonte, Equita e Mediobanca (che è advisor di Edizione; ndr) suggeriscono di aderire così come il Financial Times. L’unica in controtendenza è Chevreux che stima un potenziale «ritocco» fino a 5 euro giacché la valutazione di Benetton Group è sostanzialmente inferiore a quella degli immobili in portafoglio. I 4,76 euro sono poi poco attraenti per i cassettisti: il premio sulla quotazione ponderata media degli ultimi 12 mesi è inferiore al 6 per cento. La speranza - in queste situazioni - è che l’Opa si fermi tra il 90 e il 95% (soglia che darebbe diritto allo squeeze-out delle minoranze), in modo che sia la Consob a fissare il prezzo della residuale basandosi anche sul valore di mercato.
L’altra incognita è rappresentata dal futuro di Benetton fuori dalla Borsa. Secondo alcuni rumor, sarebbe già allo studio un deal sul modello Autostrade-Abertis, una fusione con un player internazionale che valorizzi il marchio trevigiano. Le smentite sull’integrazione con Zara e le mille cautele della stessa Edizione sull’assenza di «operazioni straordinarie» all’orizzonte hanno steso una cortina fumogena. Restano solo gli indici di redditività a testimoniare performance meno brillanti di competitor come H&M o il gruppo Coin e la contestuale necessità di un turnaround.
Un totale disimpegno della famiglia dal core business che ha consentito al gruppo di diversificare nelle Autostrade, negli aeroporti e nelle stazioni è al momento impensabile. Così come è impensabile che il capostipite Luciano e il successore Alessandro, vicepresidente esecutivo, vengano privati del ramo d’azienda a loro più vicino.

Ma proprio la futura partenza di Gianni Mion, la guida operativa della «cassaforte» presieduta da Gilberto Benetton, potrebbe aprire nuovi scenari. Finora i Benetton si sono sempre affidati a manager esterni, ma questo potrebbe non rappresentare un dogma.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica