Bennato, l’architetto del blues

Partendo dai cortili di Bagnoli, a nordovest di Napoli, s’è laureato in architettura, ma il suo obiettivo è un altro. Milano (dove gioca a calcio al Parco Lambro), ma soprattutto gli uffici delle case discografiche. Alla Numero Uno Mogol e Battisti gli danno credito. Il giovane Lucio lo vede e gli dice: «Aho ciai l’armonica a tracolla come Bobbe Dilan»; e Mogol spiega: «La prima canzone che mi ha portato l’ho buttata nel cesso, la seconda pure, la terza ho cominciato a lavorarci». Ecco i primi passi (con l’aiuto del grande intuito di Mara Maionchi, che mica è nata l’altro ieir a X factor, ma ha scoperto fior di artisti come la Formula Tre)e poi finalmente il debutto al Disco per l’Estate giovani con 1941, cover di un brano di Harry Nilsson.
Breve storia del genio e della sregolatezza di Edoardo Bennato, raccontati in Così è se vi pare (Baldini Castoldi Editore), libro scritto dall’amico di sempre Aldo Foglia ricco di foto, aneddoti e completato dai tutti i testi e da un cd con tre inediti. Dal concerto a Civitanova Marche - accanto a Battiato e company - che lo vide portabandiera del blues e del rock alternativo italiano agli incontri con B.B.

King, dalle lotte sociali a quelle di «un manipolo di esaltati travestiti da rivoluzionari» (passando per quella volta che placò il pubblico infuriato sostituendo Joe Cocker completamente ubriaco), una storia intensa, vissuta e segnata da un variegato spettro di canzoni che spaziano dal rabbioso intimismo di Venderò e Franz è il mio nome ai birignao rock di W la mamma.

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