da Milano
Prosegue la raffica di aumenti dei prezzi dei carburanti. Dopo i rincari arrivati alla vigilia dellEpifania in alcuni distributori italiani, nel giro dellultimo weekend le compagnie hanno rimesso di nuovo mano ai listini, con aumenti anche intorno ai 4 centesimi al litro, spingendo la verde nuovamente sopra 1,272 euro al litro. Vale a dire circa 80 lire del vecchio conio in più, con il prezzo vicino alle vecchie 2.500 lire al litro.
Si riaccende così lallarme caro-pieno: dalla vigilia di Natale a oggi per un rifornimento completo di un auto di medio-alta cilindrata sono necessari fino a oltre 4 euro in più. Da un prezzo minimo di 1,189 euro per un litro di verde pre-festività, si è passati infatti fino alla punta attuale di 1,272 euro, vale a dire 8,3 centesimi in più al litro.
In rialzo, anche se più contenuto rispetto alla benzina, anche il gasolio che dalla vigilia di Natale a oggi ha messo a segno un progresso intorno agli 0,040 euro.
A spingere lennesima ondata di aumenti sono le nuove fiammate del greggio che hanno riportato il petrolio americano sopra i 64 dollari al barile e il Brent, quello di riferimento europeo, sopra quota 63 dollari, ai massimi degli ultimi tre mesi. Una nuova spinta rialzista, quella che sta interessando i mercati petroliferi, su cui giocano alcuni elementi psicologici, come i timori per la situazione mediorientale ma anche alcuni dati di mercato, tra i quali la preoccupazione per un incremento della domanda Usa spinta dalla ripresa. Cè poi soprattutto - è la convinzione del presidente dellUnione Petrolifera, Pasquale De Vita - leffetto speculazione finanziaria che in questo momento peserebbe per circa 10 dollari al barile.
In particolare è ancora una volta il Medio Oriente, con le tensioni legate al futuro di due Paesi «caldi» come Iran e Israele, a infiammare i prezzi. Lannuncio di Teheran di aver ripreso le attività di ricerca sul combustibile nucleare ha fatto temere un nuovo scontro internazionale tra Iran e Nazioni Unite. Leventuale decisione dellOnu di applicare sanzioni contro il Paese, potrebbe infatti portare Teheran (secondo produttore di petrolio in seno allOpec) a ridurre le proprie esportazioni di greggio, lasciando a secco i mercati. I mercati sono peraltro perplessi anche per il futuro di Israele, già alle prese con il dopo Sharon. Luscita dalla scena politica del capo del governo potrebbe infatti mettere a rischio il processo di pace e portare a nuove tensioni nella zona, con conseguenze quasi inevitabili per tutto il Medio Oriente.
La corsa avviata dalle quotazioni in mattinata in Europa ha però subito una battuta darresto allapertura dei mercati americani.
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