Cultura e Spettacoli

BEPPE FIORELLO SALVA «PETROSINO»

La nostra fiction di stampo storico-commemorativo deve ringraziare il telespettatore italiano che quando c'è da rendere omaggio a un personaggio che ha reso lustro al nostro Paese con il suo coraggio si precipita a vedere qualsiasi sceneggiato che lo celebri, anche quelli meno riusciti come Joe Petrosino (domenica e lunedì su Raiuno, ore 21). Giusto ricordare chi ha meritato, con il suo sacrificio, persino una statua al Dipartimento di Polizia di New York. Il fatto è che questo genere di fiction rischia di assomigliare troppo l'una all'altra, tutte molto concentrate sul personaggio principale, si chiami Salvo D'Acquisto o Petrosino, ognuna con una sceneggiatura che lascia poco spazio alla caratterizzazione degli attori di contorno, che patiscono una sorta di progressiva emarginazione dal contesto, o risultano nel migliore dei casi sfocati, poco seguiti e valorizzati, a deprimento del valore complessivo della fiction. In particolare, in Petrosino, si è notata una carenza di ritmo che non rendeva certo accattivante la narrazione, troppo spesso risolta in un monotono succedersi di operazioni di polizia in cui il nostro coraggioso poliziotto interpretato da Beppe Fiorello era periodicamente di fronte al più cattivo dei mafiosi combattuti, Vito Lo Cascio Lo Ferro (Sebastiano Lo Monaco) in un rimpallo di minacce e controminacce troppo simile a una schermaglia western, del tipo: «Guarda che ti prendo», «No non mi prendi», «Non la passerai liscia», «E io uscirò di galera dopo un'ora». Il tutto digrignando i denti e facendo entrambi la faccia feroce, con un contorno di forzature di linguaggio in chiave moderna (si diceva davvero «E io me ne sbatto!» nel 1800?) non troppo credibili nel contesto. Tuttavia il fascino dell'eroe e l'indubbia presa emotiva che personaggi come Petrosino emanano sono riusciti anche in questo caso a far dimenticare le magagne stilistiche e a raggiungere l'obiettivo di share prefisso. Beppe Fiorello, sulle cui spalle gravava tutto il peso della vicenda (e una spalla se l'è pure rotta durante le riprese, in uno di quegli incidenti che richiamano suggestioni metaforiche) è apparso un po' meno sicuro del solito, sdrucciolando qua e là nei momenti in cui si è trovato costretto a stare sopra le righe, ma si è salvato con l'accertato mestiere e con il credito di simpatia ormai acquisito presso il grande pubblico televisivo. Accanto a lui hanno cercato con poca fortuna un po' più di spazio Cristina Capotondi, Anna Ammirati, Claudio Angelini, Leandro Amato.

Se qualche spettatore avesse avuto delle difficoltà a immedesimarsi nella grigia New York ottocentesca fotografata in questa fiction non si faccia venire complessi, perché Little Italy era stata ricostruita su un set bulgaro.

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