Roma - Un’azione concordata con l’Europa per cercare di affrontare la crisi, i cui effetti - sono convinti a Palazzo Chigi - si riverseranno sul Paese già dal prossimo anno. È per questa ragione, spiega Silvio Berlusconi durante l’incontro con i rappresentanti degli enti locali, che «le misure anticrisi complete saranno varate entro il 15 dicembre», cioè dopo il Consiglio europeo in programma l’11 e 12, «d’intesa con gli altri Paesi dell’Ue» con cui in queste ore sono in corso ripetuti contatti e consultazioni proprio per cercare di definire una strategia comune. Prima, probabilmente già la prossima settimana, il governo varerà invece misure urgenti a sostegno dell’economia reale tra cui figureranno anche «aiuti alle famiglie disagiate con figli a carico».
In mattinata, partecipando alla «Giornata italiana per l’infanzia» alla Camera, il premier ribadisce che «il governo si è mosso in maniera tempestiva sulla crisi finanziaria» e che «ora bisogna avere fiducia». Da qui, l’appello ai media affinché «non si diffonda il panico tra i cittadini» che porterebbe a «una diminuzione dei consumi» che porterebbe le imprese a «produrre meno». Quel che conta, aggiunge Berlusconi, è che «le banche continuino a fare le banche» finanziando le imprese. Per questa ragione «devono mantenere il monte credito nei confronti delle aziende» se non addirittura aumentarlo. Insomma, «dopo Unicredit che ha stanziato cinque miliardi di euro per le piccole e medie imprese», il governo «sta intervenendo attraverso contatti personali con le dirigenze perché anche altre banche possano garantire investimenti per le piccole e medie imprese».
E tanto la questione è delicata che nell’incontro serale con gli enti locali il Cavaliere cita «l’esempio francese». «Per assicurarsi che le banche mantengano i flussi di credito precedenti nei confronti delle imprese», spiegano prima Berlusconi e poi Tremonti, in Francia «c’è un controllo territoriale affidato ai prefetti» che «possono segnalare eventuali anomalie alla Banca centrale».
Berlusconi, poi, torna sulla riforma della scuola e difende il decreto Gelmini. Quella promossa dal governo, dice, «è una riforma di assoluto buon senso». Gli episodi di bullismo e la situazione di violenza nelle scuole sono «uno dei motivi che ci ha portati alla riforma delle elementari, il cui contenuto è stato assolutamente travisato, ribaltando completamente la realtà». Insomma, il decreto Gelmini «non contiene nessuna riduzione di spesa» e «nessuna previsione di licenziamento». Si è addirittura parlato di 83.000 licenziamenti, «un’ipotesi che non esiste». C’è solo il fatto che «avere due maestri incide meno sulla possibilità di formazione dei bambini». Per questo «si torna quindi al maestro unico, anzi, al maestro prevalente, liberando l’altro maestro, che potrà applicarsi a quello che una volta si chiamava doposcuola e che ora chiamiamo tempo pieno, richiesto da quasi tutte le famiglie».
Infine, il premier difende le cosiddette «classi-ponte».
«L’insufficiente conoscenza della lingua italiana - spiega - fa sì che l’insufficienza dei bambini stranieri sia tripla rispetto a quella italiana e quindi abbiamo pensato a questa mozione, seguendo tra l’altro l’esempio di altri Paesi». L’obiettivo «non è fare classi separate» ma «classi tese all’insegnamento dell’italiano». Una scelta «logica e doverosa a vantaggio dei bambini e delle maestre».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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