Politica

Berlusconi: "Alle urne con il Popolo della Libertà"

Il leader azzurro pronto a correre con una lista unica che consentirebbe di semplificare la scelta degli elettori senza rompere con gli alleati. An conferma i nomi del 2006. Federazione con la Lega. E nell'Udc Cuffaro entra al posto di Baccini

Berlusconi: "Alle urne 
con il Popolo della Libertà"

Roma - Due sole liste: quella del Pdl (con dentro Forza Italia, An e tutti i piccoli che ci stanno) e quella della Lega. È questa, dopo 48 ore di riflessioni, riunioni e telefonate l’idea che sta prendendo piede a Palazzo Grazioli e che trova la disponibilità di massima di Gianfranco Fini. D’altra parte, l’intenzione di correre alle elezioni con un solo partito, lasciandosi alle spalle nani, nanetti e annesse complicazioni, Silvio Berlusconi la coltiva da tempo. Tanto che - ricorda in queste ore nelle conversazioni private - fu proprio con quell’idea che lo scorso 18 novembre salì sul predellino della sua auto in piazza San Babila e annunciò la nascita del Popolo della libertà. L’embrione, disse, del partito unico del centrodestra. Così, a chi gli fa presente che la sua tentazione di ridisegnare la Cdl potrebbe essere letta come una rincorsa su Walter Veltroni, l’ex premier replica ribaltando la questione: a inseguire è il Pd, anche perché la loro decisione di correre in solitaria non è certo «una scelta virtuosa» ma piuttosto un’esigenza dettata dalla «necessità». E, assicura, lungi da lui l’idea di rompere con gli alleati.

Berlusconi, però, di marketing se ne intende. E, lui che per primo in Italia lo ha applicato con successo alla politica, sa bene che «il prodotto» Cdl - presentarsi cioè con i quattro simboli dei soci fondatori sulla scheda elettorale - rischia di passare come un déjà vu, come qualcosa di già visto. È per questo che ormai da due giorni è asserragliato a Palazzo Grazioli tra incontri, riunioni e telefonate. Alla ricerca di una soluzione che «sparigli» ancora una volta e gli permetta di presentare agli elettori un «prodotto» vincente. E tanto è assorto nei suoi ragionamenti che pure quei parlamentari ormai di casa da anni a via del Plebiscito si limitano a registrare un «silenzio di tomba». Dalla cerchia ristrettissima di collaboratori che lo stanno aiutando a studiare la partita elettorale - anche con l’ausilio dei soliti sondaggi - trapela dunque poco. E pure nei faccia a faccia con i cosiddetti piccoli - in giornata incontra Lombardo, Mastella, Dini e gli azzurri Alfano, Micciché, Scapagnini e Pera - l’ex premier più di tanto non si sbottona.

Tra le ipotesi sul tavolo del Cavaliere, però, sta sempre più prendendo piede quella di una lista unica sotto le insegne «Popolo della libertà-Per Berlusconi presidente». Ma, appunto, senza rompere con gli alleati. Nel soggetto unitario, infatti, dovrebbero esserci sia Forza Italia sia An, oltre ai cosiddetti piccoli (dalla DcA di Rotondi al Pri di Nucara). Con Fini dei primi contatti telefonici ci sono già stati e il leader di An ha già dato una sua disponibilità a una lista unica con chi condivida programmi e valori. D’altra parte, ricordano a via della Scrofa, fu proprio An nel ’99 a promuovere il referendum per abolire la quota proporzionale. È chiaro, però, che una questione tanto delicata va trattata de visu, cosa che accadrà già questa mattina. Con ottime premesse se Fini non esita a sottolineare la necessità di una coalizione che «sia quanto di più semplificato possibile». «Come dargli corso - spiega - sarà oggetto del confronto con gli alleati».

Insomma, l’idea su cui sta lavorando Berlusconi non è altro che la continuazione del progetto lanciato a San Babila. Con tutte le cautele del caso e senza rotture brusche con gli alleati. Anche in questa chiave si può leggere l’appello del presidente del Ppe Wilfried Martens che ieri invitava «tutti i partiti della Cdl a coalizzarsi e presentarsi uniti». Non è un caso che Martens e il Cavaliere abbiano avuto mercoledì sera una lunga conversazione telefonica. E dunque, se davvero come sembra An darà il suo benestare, con la Lega non ci sarà alcun problema a stabilire un rapporto federativo sul modello catalano o sulla falsariga di quanto accade in Germania tra la Cdu e la bavarese Csu. Per quanto riguarda i piccoli, invece, è chiaro che il Cavaliere fa leva sul suo potere contrattuale. Anche perché - correndo da solo pure il Pd - la lunga schiera di partitini di alternative non ne ha poi molte. Un modo per risolvere in un colpo solo tanti problemi. Dalla pletora di segretari e leaderini che dalla prossima settimana avrebbero sfilato a Palazzo Grazioli chiedendo posti in lista, fino all’imbarazzo - anche verso la comunità internazionale, confidava ieri a Mastella l’ex premier - di presentarsi con simboli di partiti di destra o estrema destra.

L’unico vero nodo che resta è quello dell’Udc. E seppure il Cavaliere non ha intenzione di chiudere le porte, è chiaro che nella sua ottica a questo punto la palla passa a Pier Ferdinando Casini. Che al momento non lascia alcun margine. «Se Forza Italia e An andranno da soli - spiegava a tarda sera il segretario centrista Cesa - anche l’Udc correrà da sola rivolgendosi al popolo dei moderati».

Che con gli sbarramenti in vigore a Camera e Senato sarebbe quantomeno impresa ardua.

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