RomaLa strategia meneghina del «ghe pensi mi» prosegue anche oggi. Considerate archiviate, o quasi, le due beghe relative al ministro Brancher e alla manovra, il premier si getta a capofitto sugli altri temi in agenda: giustizia e intercettazioni in primis e fibrillazioni nella maggioranza in secundis.
A questo proposito, già ieri in serata, sè avuto lantipasto del piatto principale di oggi. Rientrato a Roma, Berlusconi ha convocato a palazzo Grazioli quasi tutti i big del Pdl: Sandro Bondi, Denis Verdini, Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello, Angelino Alfano e Niccolò Ghedini. Assenti gli ex An Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri anche se entrambi hanno motivato la loro mancanza: il primo impegnato in unintervista televisiva, il secondo blindato in Senato per la manovra. Di fatto la loro latitanza non era casuale. Il premier ha preso di petto anche la questione Pdl che, negli ultimi tempi, non lo soddisfa. Tanto è vero che in serata ha diramato una nota: «Il presidente Berlusconi ha ribadito che il Pdl è nato come movimento popolare, espressione diretta degli elettori, per amalgamare tutte le tradizioni politiche del centrodestra e per sconfiggere così la vecchia partitocrazia e la vecchia logica delle correnti, da qualunque parte provengano». Da qualunque parte provengano. Finiani e non, quindi. Ma soprattutto i Farefuturisti e quelli di Generazione Italia.
Sì, perché il proliferare continuo di associazioni, circoli e think tank a Berlusconi proprio non è andato giù. Troppe fondazioni: anche quelle che si autopresentano come le più fedeli interpreti del suo pensiero. Così, è tornato a sconfessare frammentazioni interne di ogni tipo. Incluse quelle berlusconianissime. Soprattutto per sconfiggere la fronda finiana il Pdl deve restare unito. Già prima di partire per i vertici internazionali del G8 e del G20 il Cavaliere aveva manifestato la sua contrarietà ad aree organizzate che in qualche maniera legittimerebbero i frondisti del presidente della Camera.
Una riunione quella di ieri che verrà bissata oggi in un summit allargato a coordinatori, capigruppo, al sottosegretario Letta, al Guardasigilli Alfano e a Ghedini. Lassidua presenza degli ultimi due rende chiara la volontà di dipanare la matassa legata al disegno di legge sulle intercettazioni. È probabile che si parli dei tempi dellattuazione del provvedimento ma anche delle possibili ulteriori limature al testo, che non dispiacerebbero per nulla al Colle. Daltronde proprio per questo è stato dato il preciso mandato a Letta di tenere aperti i contatti col Quirinale. Lintenzione di non andare allo scontro aperto con il Colle è palese e anche lincontro odierno con Napolitano potrebbe essere allinsegna della distensione. Il presidente della Repubblica ha convocato il consiglio supremo di Difesa per questa mattina e non è detto che premier e capo dello Stato non si ritaglino qualche minuto per un colloquio prettamente politico. Di certo laver sciolto il nodo relativo al ministro Brancher rappresenta una buona dose di balsamo nel dialogo tra i due. Protocollo istituzionale vuole che il capo dello Stato non interferisca nellazione legislativa e un provvedimento o lo firma o non lo firma. Ma è chiaro che qualche perplessità sul disegno di legge della discordia rimanga. Facile pensare che, alla fine, si decida di non incaponirsi troppo sul testo approvato dal Senato, rimandando la patata bollente a dopo le vacanze. Occorre capire cosa potrebbe piacere al Colle affinché la firma arrivi liscia. Se così non fosse, inutile «impiccarsi»: meglio sarebbe inserire il provvedimento in una più complessa riforma della giustizia. Il problema è che questo potrebbe venir presentato dai finiani come una loro vittoria. Già, i finiani. Che Berlusconi considera ormai un corpo estraneo al partito.
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