Berlusconi: la Cdl era un ectoplasma

L’ex premier telefona all’assemblea lombarda di Fi: "Sto facendo come Don Sturzo 80 anni fa. Nella coalizione c’erano ormai troppe divaricazioni". Il Cavaliere: "Non dobbiamo avere paura di nulla, gli ultimi sondaggi danno il Popolo della libertà tra il 35 e il 37 per cento"

Berlusconi: la Cdl era un ectoplasma

da Milano

Silvio Berlusconi non c’è, però arriva la sua voce a confortare gli azzurri lombardi in cerca d’autore e di partito. «Non dobbiamo avere paura di nulla e di nessuno. Gli ultimi sondaggi danno il Popolo della libertà tra il 35 e il 37 per cento» dice l’ex premier in collegamento telefonico con Milano. È in corso l’assemblea regionale di Forza Italia. Parlamentari, amministratori, dirigenti, si guardano l’un l’altro e fissano il megaschermo immaginando il volto del leader che non si vede ma si fa sentire, eccome. Prima di tutto per dare il senso del ruolo storico che attribuisce al suo progetto, pari a quello del padre del popolari italiani. Non solo per il nome. «Sto facendo un po’ quello che faceva Don Sturzo quando lanciò il suo partito più di ottant’anni fa e credo che siamo nella stessa condizione. Lui non ebbe tante persone che lo sostennero. Noi invece, ne sono sicuro, siamo in tanti» dice Berlusconi, evocando l’appello ai liberi e ai forti che nel novembre del 1918 don Luigi Sturzo lanciò proprio da via dell’Umiltà, prima casa dei popolari italiani e oggi sede di Forza Italia.
C’è un senso di ineluttabilità nel modo in cui Berlusconi spiega ai suoi la nascita della nuova formazione di centrodestra. E la responsabilità dell’accelerazione che ha portato all’annuncio di piazza San Babila è tutta di An e Udc, che a suo dire remavano contro da sempre. L’ex premier non usa eufemismi né giri di parole: «La Casa delle libertà era una specie di ectoplasma». Tutta colpa delle «divaricazioni degli alleati e soprattutto del comportamento di un alleato: mi dicevano di non convocare il vertice perché altrimenti avremmo sancito che la Casa delle libertà si era ridotta».
Le divergenze erano ormai diventate troppo ampie: «C’è stato perfino qualcuno che voleva intentare un processo a me e a Forza Italia. Mi è venuto istintivo di dire che è venuto il momento di consolidare quel progetto del grande partito dei liberali e dei moderati sul quale abbiamo lavorato per due anni». Ma non si è trattato di un’improvvisazione dell’ultima ora, dettata dalle beghe e dai contrasti di giornata con Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini: «La domanda era: “Come possiamo andare avanti con questi alleati che ci hanno fatto perdere le elezioni del 1996 e ci hanno condizionato mentre eravamo al governo?”». Berlusconi dà loro la colpa delle elezioni perdute e anche delle occasioni mancate quando lui era a Palazzo Chigi: «Abbiamo dovuto curvare la testa sotto i loro condizionamenti».
Ecco la marcia verso il nuovo partito. Il 31 gennaio si svolgerà l’Assemblea costituente, che metterà in votazione il nome del partito a cui da sabato e domenica prossima sono chiamati tutti i cittadini. Ai gazebo, che torneranno in piazza, gli elettori potranno scegliere il nome che preferiscono in un referendum informale. Ad affiancare nel viaggio per la Costituente i coordinatori nazionali, Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, sarà un comitato di non «parrucconi», per usare il termine di rinnovato conio del Cavaliere. «Non è una questione anagrafica, ma una categoria dello spirito» chiosa il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, che condivide obiettivi e tappe del nuovo progetto politico.
Berlusconi continua a credere nei «senatori di estrazione liberale», che ha incontrato «con spirito maieutico», a partire da Lamberto Dini. E immagina che il welfare possa essere un passaggio impervio per il governo Prodi: «Su pensioni e stato sociale confido che la coerenza impedisca che questi provvedimenti vengano approvati».

Fa gli auguri al Pd: «Spero che non sia la Fata Morgana che molti temono e auspico che si liberi dall’abbraccio mortale con la sinistra estrema». Nell’attesa, ecco il Popolo della libertà: «Ho sentito il dovere e il coraggio di farlo. Mi sento come nel 1994...». Poi la voce saluta e va via.

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