Berlusconi martedì si dimette Ciampi cauto sull’incarico a Prodi

L’agenda politica nelle mani del capo dello Stato: forse giovedì le consultazioni

Massimiliano Scafi

da Roma

Un’aranciata, due chiacchiere sui divani di sky blu della saletta vip di Ciampino, uno sguardo rapido all’agenda. Sulla pista c’è ancora il C-130 che ha portato a casa le tre vittime dell’attentato di Nassirya e sulle facce di Ciampi e Berlusconi c’è ancora l’emozione dell’incontro con i familiari in lacrime. È un vertice un po’ così, precario, improvvisato, veloce: appena una ventina di minuti, intorno alle 17, ma quanto basta per fissare i prossimi appuntamenti del calendario istituzionale. Martedì, a mezzogiorno e mezzo, Consiglio dei ministri, all’una le dimissioni del premier nelle mani del capo dello Stato. Mercoledì si completeranno le composizioni dei gruppi parlamentari e giovedì Ciampi potrebbe avviare le consultazioni. Già venerdì 5 maggio, il giorno di Napoleone, il presidente della Repubblica, affiderebbe l’incarico a Romano Prodi. C’è fretta: la situazione internazionale e i conti pubblici italiani, spiega Ciampi a Berlusconi, spingono a chiudere la partita.
A sorpresa, un’ora dopo è proprio il Cavaliere a rivelare l’improvvisa accelerazione: «Se mercoledì si formano i gruppi e si scelgono i presidenti, ci saranno gli interlocutori di Ciampi. Quindi è possibile che inizino le consultazioni». Dunque, i partiti saliranno sul Colle il quattro maggio? «Io penso di sì - risponde il premier -, ma ovviamente questa decisione spetta al Quirinale». Un Berlusconi dialogante, diverso da quello che alle 12,30 sosteneva che «l’incarico deve darlo il nuovo presidente», e che dà la stura a una serie di ipotesi subito circolate a Montecitorio. Ha deciso di cambiare strategia, viste le difficoltà incontrate da Prodi per formare la sua squadra? Vuole costringere un Prodi non ancora pronto a forzare i tempi? Sta preparando un accordo?
Passa un’altra ora e arriva una seconda sorpresa. Mentre il Palazzo s’interroga, dal Colle filtra una certa «irritazione». Consultazioni giovedì? «Non è detto», frenano. Incarico a venerdì o sabato? «Non risulta», dicono. Anzi Ciampi, che vuole «prendersi tutto il tempo che serve», starebbe addirittura pensando a un supplemento d’indagine. Se l’elezione dei due presidenti delle Camere doveva essere il banco di prova della solidità della maggioranza, i passi falsi dell’altra notte non hanno certo rassicurato. Certo poi il giorno dopo i 165 voti per Marini, tre in più del previsto, hanno ricambiato la prospettiva. Però il capo dello Stato, «infastidito» per le pressioni che riceve da tutte le parti, vuole andarci con i piedi di piombo prima di ratificare una decisione sostanzialmente già presa: il mandato a Prodi.
E quindi non gradisce le anticipazioni del Cavaliere. In serata infatti Palazzo Chigi puntualizza: «Parlando con i giornalisti sull’avvio delle consultazioni, il presidente del Consiglio si è limitato a passare in rassegna una serie di ipotesi che dipendono ovviamente dal Quirinale». Ma se ufficialmente non si vuole ancora sbilanciare, appare evidente che Ciampi ha già in mente uno scandenzario preciso. Martedì e mercoledì sarà a Livorno, poi da giovedì, quando i gruppi saranno formati, ogni momento è buono per dare il via al giro di valzer. Il suo mandato scadrà il 13 maggio ma il capo dello Stato, come viene fatto notare, non potrà stare «con le mani in mano» con un governo dimissionario, con le Camere formalmente legittimate a lavorare e con i problemi del Paese che si affacciano con un’urgenza brutale. La situazione irachena, tornata drammaticamente d’attualità, i conti pubblici da sistemare, gli impegni internazionali da rispettare.
Ciampi quindi, da quello che si capisce in queste ore convulse, proverà ad affrontare il nodo del governo avviando le consultazioni previste e valutando se ci sono le condizioni per affidare un incarico. Se lo riterrà opportuno, procederà. La finestra temporale è piccolissima, poco più di una settimana. Il sentiero è stretto e s’incrocia con la partita del Colle, che potrebbe vedere Ciampi come protagonista. Ma, come sostiene Andrea Manzella, «non c’è alcun impedimento che consigli al presidente di passare la mano e di non sfruttare questi lunghissimi giorni».

E, almeno da punto di vista formale, non ci sono norme che impediscano un voto di fiducia durante le elezioni per il Quirinale: è solo la Costituzione, ha spiegato Ciampi dopo il 9 aprile, a fissare modi e tempi che non sono «né comprimibili né dilazionabili».

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