Berlusconi, mille Milan e una Stella Rossa

Franco Ordine

nostro inviato a Belgrado

Mille e una coppa. Stanotte, per il Milan, non è una notte qualsiasi della pazza estate targata 2006 piena di scandali, sentenze discusse, ricorsi ballerini dinanzi ai diversi tribunali della Repubblica e tracce del delirio azzurro berlinese. Nell’immenso catino del Marakana di Belgrado dove si ritrova alle 21 in punto, la squadra più titolata d’Europa timbra il cartellino della partita numero mille dell’era Berlusconi, cifra tonda e ricca di storia oltre che di trofei conquistati. La prima è lontana oltre il confine dei venti anni: 23 febbraio ’86 la data, qualche giorno dopo l’acquisto ufficiale del club all’epoca in possesso di Giussy Farina scappato in Sudafrica. Il debutto non fu dei più incoraggianti: Torino-Milan 2 a 0. Ma i pochi numeri riassuntivi parlano un altro linguaggio: 522 vittorie, 292 pareggi, appena 185 sconfitte. I migliori anni della loro vita centenaria. La ricorrenza rossonera, passata sotto silenzio, non cancella le ansie che resistono lungo la rotta antica e suggestiva che guida il Milan, in clamoroso ritardo, quasi due ore, verso la capitale della Serbia. Ancelotti fuma dal naso come un toro mentre attraversa irrequieto la saletta vip di Malpensadue in attesa di un charter proveniente da Gerba. Le conseguenze sono elementari: proteste ufficiali rivolte alla compagnia e sbarco a Belgrado dopo le 13 e 30, sotto la pioggia, e al termine di un volo rallegrato da un paio di sane turbolenze. «È anche questo un crocevia del destino come lo fu quella partita del novembre dell’88 di coppa Campioni, un’esperienza unica, una partita interminabile», rievoca l’allenatore allora centrocampista di lotta e di governo dell’armata di Sacchi a caccia del primo trionfo continentale. Andò come tutti sanno: nebbia sul risultato di 1 a 0, ripetizione il giorno dopo, gol buono, di Van Basten, non visto dall’arbitro, epilogo ai rigori, decisivo Rijkaard dal dischetto. Ma non è questa l’ombra che traspare dai suoi occhi.
Nella bolgia di Belgrado, il Milan si trascina dietro il bagaglio completo dei rancori accumulati nelle settimane precedenti. «Non dovevamo essere qui a guadagnarci la qualificazione» ruggisce il panterone Clarence Seedorf. «Noi tutti lo viviamo come un torto e il fatto che parte dell’opinione pubblica lo consideri invece un castigo meritato moltiplica la nostra rabbia», aggiunge Ancelotti che sull’argomento ha una posizione ancora più netta. «La realtà della vicenda non è ancora emersa completamente, tutti sanno che negli ultimi due anni noi del Milan siamo stati penalizzati», sentenzia con quel faccione schietto che non teme smentite. E visto che il mite condottiero è caricato a pallettoni sull’argomento, per una volta si lascia scappare un paio di punture, indirizzate a Capello e Inter, i due grandi protagonisti del calcio-mercato dagli effetti speciali. «È più facile che arrivi il Milan in finale di Champions league che il Real Madrid», la prima. «Spero che Moratti abbia il problema del Milan in campionato», la seconda. Sta per decollare una stagione colma di veleni e di rivalità, potete giurarci. Stasera, ballano anche molti milioni di euro e prospettive di fatturato: Galliani sa di dover rinunciare ai 5 milioni provenienti da Sky per il secondo posto in campionato annullato dalla sentenza e al 15 per cento degli incassi Uefa nell’eventualità di accedere alla Champions league come terza squadra e non più come vice campione d’Italia. È tutto nel conto. Nel frattempo è bene tornare alla realtà di Belgrado e concentrarsi sulla Stella Rossa che con Kovacevic coltiva generosi propositi di recupero dello 0 a 1 dell’andata, gol di Pippo Inzaghi. «Abbiamo visto alcune cassette del Milan, abbiamo trovato le falle del loro gioco», segnala il più rappresentativo dei serbi e forse il riferimento chiama in causa una difesa affidata agli anni di Costacurta, Cafu e Serginho, quasi 110 in tre, un piccolo grande record di longevità applicata al calcio.
Ma Ancelotti e il Milan non fanno una piega. E non solo perché questa è la partita numero mille dell’epoca berlusconiana. «Le nostre sono le condizioni fisiche migliori possibili», riferisce l’allenatore che invece prima dell’andata confidò autentici timori.

«Loro saranno meno timidi rispetto all’andata, noi dovremo cercare subito un gol per chiudere il conto», medita Carletto senza nascondersi le insidie di un ambiente caldo nonostante la temperatura effettiva sia precipitata verso medie autunnali. Arbitra un danese, Bo Larsen, il fischietto di Shalke 04-Milan 2-2 della scorsa stagione: lasciò che Poulsen, suo connazionale, torturasse alla meglio Kakà.

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