Berlusconi: un Paese appeso al filo

«Se quello che ha fatto Clemente fosse reato in Parlamento tutti dovrebbero essere sotto processo. Ma non c’è reato, questa è politica»

da Roma

«Sono una persona cristallina, assolutamente lineare. E non capisco perché mi si vogliono attribuire meschinità che non mi appartengono, fantomatiche contropartite che non stanno in piedi. Tra noi e Veltroni è in corso un confronto onesto sulla riforma elettorale. Tutto il resto sono fantasie». A sera, passeggiando per i negozi di Corso Vittorio, Berlusconi fa il bilancio di una giornata per molti versi convulsa. Con Prodi che ha preso l’interim della Giustizia, l’Udeur di Mastella che ha annunciato l’appoggio esterno e la maggioranza che in Senato non è andata sotto sui rifiuti grazie alle assenze registrate nelle file di Forza Italia. Circostanza che - sommata al rinnovato appello del Cavaliere a Veltroni per «proseguire il dialogo» sulla riforma elettorale - ha fatto gridare An all’inciucio.
Ma sul punto l’ex premier è categorico. Perché, spiega, «chi dice che abbiamo voluto aiutare Prodi ha perso il senso della realtà». Presidente, non solo An ma anche la Lega è molto critica... «Calderoli - risponde Berlusconi - sa bene che la colpa di quanto accaduto è di chi ha voluto pervicacemente presentare quella mozione. Sapevamo di avere delle assenze, tanto che l’ho chiamato personalmente per chiedergli di acconsentire a spostare il voto a mercoledì. Non ha sentito ragioni». Insomma, l’ex premier vuole spazzare il campo da qualsiasi dubbio. E sintetizza così la sua posizione: «La situazione è drammatica, Prodi dovrebbe prenderne atto e dimettersi. Le urne restano il nostro obiettivo principale».
Per un attimo, dalla politica lo distolgono turisti e sostenitori che gli si fanno intorno. Le solite foto di rito («sono trenta euro», scherza con due spagnoli) e pure una lunga fila di autografi, uno dei quali dedicato alla signora Fatima («lì è un po’ di tempo che penso di portarci Prodi - dice ridendo - ma ho paura di trovare chiuso...»). Poi si torna agli eventi della giornata. Sull’interim di Prodi, il Cavaliere è scettico perché - dice - «è una soluzione di ripiego che credo confidi troppo ottimisticamente nei tempi della giustizia italiana». E l’appoggio esterno dell’Udeur? «Mi pare che ora il governo sia in grande difficoltà, visto che ci sono ministri come Di Pietro che hanno già attaccato violentemente Mastella». Insomma, non solo l’esecutivo ma «le sorti del Paese sono appese a un filo» perché «questa situazione non può più continuare».
La road map del Cavaliere - che non fa mistero del fatto che il momento politico va gestito «con molta cautela» - prevede come primo punto la possibilità di «tornare alle urne», anche se la sua attenzione resta focalizzata sulla partita della riforma elettorale. Per questo Berlusconi - che non è intervenuto in Aula perché si è attardato al telefono a causa delle condizioni di salute della mamma - insiste nel dialogo con Veltroni. «Senza fantomatiche contropartite - ripete - ma solo per il bene del Paese». «Mi appello a Veltroni», dice, affinché «si torni ai principi su cui eravamo d’accordo». Insomma, «la bozza Bianco che è stata stravolta» al punto di essere «più proporzionale del tedesco» va «nuovamente ribaltata» tornando al Vassallum. Parole che non fanno certo la gioia di Fini («noi il Vassallum non lo votiamo») e Casini («spero non faccia saltare il tavolo»). Solo a quel punto, aggiunge Berlusconi, «saremmo felici di continuare il confronto» perché «questo Paese ha bisogno del dialogo per uscire dalla crisi». La sensazione, dunque, è che, nonostante gli stravolgimenti delle ultime ore, l’asse con Veltroni stia reggendo. Anche se «i tempi sono stretti» e «se non si torna ai principi da cui siamo partiti, purtroppo non si potrà che andare al referendum».
Per Mastella ha parole di elogio («leggendo i giornali non risulta nulla che possa essere indicato come reato»), anche se preferisce la prudenza quando si parla di un possibile ingresso dell’Udeur nel Pdl. «Non sono io a doverlo accogliere - dice - ma la gente. In questo partito possono starci tutti quelli di cui la gente ha fiducia». Più cauto, invece, sugli alleati.

«Li ho trovati sempre uguali», dice in mattinata ai suoi collaboratori commentando gli incontri di mercoledì, «anche se Casini m’è parso più brillante». In pubblico, invece, preferisce una battuta: «Con l’Udc si è stabilito un clima molto cordiale, anche se pretendevano un vitello grasso. Gli ho detto che al massimo ammazzavo un cappone...».

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