Roma - Berlusconi è soddisfatto: quello che doveva fare lo ha fatto. La sua richiesta di collaborazione è stata in parte accettata. Ha incassato una mezza apertura di Casini sul rilancio dell’economia mentre - e questo invece lo ha profondamente deluso - è rimasto sconcertato dall’atteggiamento di Bersani. «Ma roba da matti», gli hanno sentito dire scuotendo la testa mentre in Aula parlava il leader del Pd. Il discorso del leader dell’Udc, invece, tutto improntato a una deposizione delle armi, è stato apprezzato. «Almeno non ha chiesto la mia testa come il resto delle opposizioni», ha detto il Cavaliere. E l’«armistizio tra i partiti per salvare l’Italia» di cui ha parlato Casini ha un prezzo che il Cavaliere, in ogni caso, spera di non pagare. Ossia anticipare parte della manovra tremontiana, approvata in men che non si dica a metà luglio. Una manovra da 40 miliardi per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014 ma spalmata in questo modo: 3 miliardi quest’anno, 5 miliardi nel 2012, 15 nel 2013 e 20 nel 2014. Ora, qualora l’attacco speculativo dovesse proseguire, l’ipotesi sarebbe quella di anticipare con un decreto legge parti dei provvedimenti contenuti nella manovra. Insomma, fare cassa subito per rassicurare i mercati e non rimandare al 2014. Una scelta che Berlusconi farebbe controvoglia. Tanto e vero che Tremonti ha detto al premier: «È impensabile, Silvio. Impensabile». Con Casini, però, si può parlare e i contatti tra i vertici del Pdl e il leader centrista si sono intensificati.
Questa è una buona notizia di una giornata lunga, lunghissima, iniziata con il primo braccio di ferro. Berlusconi avrebbe dovuto presentarsi alla Camera alle 15 del pomeriggio, dopo una telefonata del sottosegretario Gianni Letta al presidente della Camera, avvenuta l’altro ieri. Poi, i dubbi che forse non era il caso parlare al Paese a borse ancora aperte e quindi la richiesta di posticipare il tutto. A questo punto, però, da Fini sarebbero arrivate resistenze: «Tanto i mercati sono sempre aperti...». Ma alla fine il presidente della Camera, che forse avrebbe voluto legare le parole del premier a un eventuale dato negativo di piazza Affari, ha ceduto. Pace fatta quindi, suggellata anche da una stretta di mano tra Fini e Berlusconi, al termine del discorso. E sia. Informativa sulla crisi alle 17; anzi no: alle 17.30. Due ore e mezzo dopo. Periodo utile per limare, togliere e smussare un discorso la cui impronta risente molto del pensiero di Mario Draghi. In ogni caso la linea è stata sempre quella della fermezza: «Non possiamo certo aprire una crisi al buio come ci chiede in maniera irresponsabile parte dell’opposizione. Ma quando mai la speculazione si ferma quando cade un governo? Caso mai è il contrario», ha ripetuto il premier ai suoi. E così anche in Aula: «La crisi va affrontata con coerenza e fermezza. E il nostro Paese è solido, lo hanno riconosciuto tutti». Poi il passaggio della crescita e la richiesta alle opposizioni: «Serve un piano d’azione immediato. Il Paese nei momenti difficili sa essere coeso e affrontare le difficoltà, e raccolgo con convinzione l’appello alla coesione di Napolitano, un monito saggio che faccio mio. Tutti hanno il dovere di rimboccarsi le maniche». Peccato che la risposta del Pd sia stata una porta in faccia. Che sarebbe andata così c’era da aspettarselo visto i «buuu» e i commenti sarcastici che si sono levati dai banchi del Pd durante un passaggio del discorso del premier. Tanto da farlo sbottare durante l’unica digressione: «Sono un imprenditore che ha tre aziende e sono nella trincea finanziaria, sono consapevole di ciò che accade nei mercati!». Un fuori programma che è stato accompagnato dal coro dei deputati del Pdl, rivolto a Bersani: «Crozza, Crozza, Crozza».
Ma l’appello alle opposizioni andava fatto: «Non chiedo di condividere i nostri programmi ma che arrivino contributi con idee e proposte per far emergere ciò che serve al Paese - ha spiegato Berlusconi - l’opposizione faccia ciò che è chiamata a fare senza perdere di vista il comune obiettivo perché comune è l’obiettivo di portare l’Italia fuori da una crisi che non è italiana ma planetaria».
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