Milano - Silvio Berlusconi sa che «avremo un problema in più». Quale? «Rimediare ai guasti prodotti da Prodi e dai suoi ministri». Sì, «la prossima volta al governo avremo questo problema». Ma tranquilli, avverte il leader del centrodestra, «stiamo già lavorando sul programma del nostro prossimo governo: è già iniziato il lavoro dell’Officina, di quel gruppo che fece il nostro programma l’altra volta». Scatta l’applauso dei liberaldemocratici ospiti nel salone napoleonico del Circolo della Stampa.
Ovazione che il popolo delle libertà replica quando il Cavaliere in versione operaista si dice «certo che il Capo dello Stato non si presterà a giochi di potere e manovre di palazzo». Certezza in un «momento delicato della democrazia» - con «questa sinistra strutturalmente impossibilitata a governare» - e dove non si possono invocare «alibi» per evitare il ricorso alla «sovranità popolare».
Alle elezioni, dunque: infatti, «questo governo e la sua maggioranza sono in piena e evidente dissoluzione» ovvero «il fallimento del governo Prodi è il fallimento della sua maggioranza». Non resta ai cittadini che «aspettare, con pazienza» la caduta di Prodi seguendo però «gli sviluppi delle vicende parlamentari». Fatti e misfatti che dimostrano concretamente come «la sinistra italiana sia disabile a governare»: «I vari tesoretti sono frutto di ciò che noi abbiamo fatto. Dimostrazione che la strategia di ridurre le aliquote per ridurre l’evasione fiscale ha funzionato. Ora però assistiamo al dissipamento di queste risorse grazie alla politica del “tassa e spendi” che tanto male fa al Paese». Nessun stupore però: il presidente del Consiglio è «in balia di una minoranza estrema, antagonista, anti-capitalista, massimalista, antistato, radicale, anti-Usa, anti-europea».
Sinistra, quindi, «anti-tutto» e che, ad esempio, considera gli extracomunitari «un valore da usare contro lo Stato borghese e contro la proprietà privata», che «pensa di dargli il voto per modificare i blocchi politici» e che «giudica gli imprenditori degli sfruttatori». Una sinistra che, poi, vorrebbe «il ritorno alla Chiesa del silenzio»: «Secondo loro la Chiesa non dovrebbe parlare neppure per quanto riguarda le questioni coniugali o le coppie diverse da quelle tra un uomo e una donna».
Annota Berlusconi che nella coalizione pro-Prodi c’è quindi chi con «orgoglio» si definisce «ancora comunista». Ala massimalista che, naturalmente, condiziona la politica estera dell’esecutivo: «Siamo l’unico Paese occidentale con dei partiti che ancora fanno riferimento all’ortodossia marxista e che sono al governo del Paese. Nella prossima campagna elettorale non lontana lo diremo a tutti che la sinistra comunista determina tutte le scelte del governo». Virgolettato accompagnato dagli «atti di questo governo dove c’è sempre una radice ideologia alla base».
Prove inconfutabili come quelle di una sinistra capace di modificare la realtà: «Alla costituente del Partito democratico c’è stato un punto alto di comicità, vedere come Walter Veltroni che è in politica da 35 anni si presenti e venga recepito - da l’Unità - come la nuova politica». Sorrisi in sala. Che si moltiplicano quando il Cavaliere ironizza sull’inno del Pd secondo Maurizio Crozza, «Noi marciamo uniti verso un ideale, non sappiamo ancora quale», e quando (ri)sforna le battute del comico - «di una bravura sconfinata» - travestito da Veltroni, «siamo per gli operai e per gli imprenditori, siamo per i piccoli e siamo per i grandi».
Boutade su Pd e dintorni dove, chiosa il presidente di Forza Italia, «hanno finalmente realizzato l’antico sogno di fare il compromesso storico. Anche se, per verità, i comunisti hanno un ruolo chiave e occupano tutte le posizioni chiave e i cattolici dossettiani hanno solo un ruolo di contorno». Tutto come da copione, perché il nuovo Pd «si porta dietro errori antichi e antiche logiche». Quelle care a una sinistra che non «conosce vergogna» e che mistifica la realtà, «danno i numeri quando dicono che hanno già un consenso al 38 per cento».
Sinistra che, tra l’altro, accusa Berlusconi di fare campagna acquisti tra le fila dei loro senatori: «Non ho mai messo, anche un solo euro, in un piatto per comprare un senatore». Anzi, aggiunge: «È vero ho avuto colloqui con molti di loro con i quali ho parlato della situazione politica. A loro ho spiegato che se in futuro sono intenzionati a fare ancora politica nello schieramento in cui si trovano ora, difficilmente potrebbero farla. Un’intelligenza come la mia non potrebbe sopportare che io metta un solo euro sul piatto distruggendo me stesso, la mia posizione politica passata e futura».
E proprio nel suo futuro, conclude Berlusconi, c’è «un sogno»: il partito unico del centrodestra. «Il sogno che intendo realizzare e che voglio si trasformi in realtà». Centrodestra che saprà rimediare ai guasti di Prodi e compagni.
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