Berlusconi: "Un regime in Italia? Ridicolo Va accelerato l’iter delle leggi"

Il presidente del Consiglio replica all’opposizione: "In altri Paesi europei il premier ha più poteri che da noi. Invito i capigruppo in Parlamento a cambiare sistema per stringere i tempi"

Berlusconi: "Un regime in Italia? Ridicolo 
Va accelerato l’iter delle leggi"

da Roma

«Nessun rischio regime». Anzi, in Italia il presidente del Consiglio «non ha determinati poteri», contrariamente ad «altri colleghi europei che operano in una vera democrazia». Per questo - perché «vogliamo cambiare le cose e non galleggiare» - bisogna «fare di tutto» per velocizzare l’azione del Parlamento, a partire dalla modifica dei regolamenti delle Camere.

Nella sala stampa di Palazzo Chigi Silvio Berlusconi scandisce quello che è un vero e proprio affondo. Replica a Walter Veltroni («qualcuno paventa un regime autoritario o dittatoriale»), ribadisce l’intenzione di intervenire con decreti legge ogniqualvolta sarà necessario e attacca sulla televisione. «Mai più - dice - esponenti della maggioranza andranno in tv per essere esposti a insulti. Se non cambiano gli atteggiamenti della sinistra, di puro mendacio, a noi non conviene esporci ad attacchi di questo genere». Il premier, insomma, decide una forte accelerazione, convinto che la linea scelta fino a ora dal governo stia portando i primi frutti e sempre più persuaso che il leader del Pd sia ormai vicino al capolinea. «È suonato il gong dell’ultimo giro», si è trovato a ragionare in privato Berlusconi. Perché il riavvicinamento alle posizioni dipietriste non si fermerà dopo la manifestazione del 25 ottobre ma continuerà fino alle elezioni di primavera (europee e amministrative). Quando, è la convinzione di molti a Palazzo Chigi, l’ex sindaco di Roma dovrà spuntarla nel redde rationem all’interno del Pd. Spazi per il dialogo, dunque, non ce ne sono.

E il Cavaliere è convinto che la scelta migliore sia quella di tirare dritto senza esitazione con le riforme annunciate in campagna elettorale. Per questo, nonostante la frenata di Gianfranco Fini, Berlusconi torna a insistere sul fatto che il Parlamento ha bisogno di regole nuove che garantiscano tempi più veloci. «Invito i capigruppo e i presidenti di Camera e Senato - dice - a procedere perché si cambino i regolamenti e il sistema affinché l’approvazione delle leggi sia più rapida così come accade nel resto d’Europa». Perché «noi abbiamo il compito di governare», ma «dobbiamo fare i conti con istituzioni e regole arretrate rispetto ai tempi attuali». La «cosa migliore», dunque, «è cambiare i regolamenti» perché «oggi in Parlamento c’è un popolo di persone depresse» che «passano tutto il loro tempo a fare i conti in aula, in Commissione, con l’opposizione che si diverte a fare ostruzionismo».

Parole, quelle del Cavaliere, che non devono aver fatto troppo piacere al presidente della Camera, già piuttosto irritato dopo che mercoledì a Napoli Berlusconi aveva annunciato un uso massiccio dei decreti legge. Sul punto Fini si è espresso ieri mattina (nel caso di «abuso» la Camera «farà sentire la sua voce»), ma poi ha preferito non riprendere il filo della polemica in attesa di un chiarimento faccia a faccia. Il Cavaliere auspica anche un aumento dei poteri del premier che, dice replicando di fatto alle accuse di Veltroni, «non comporta alcun rischio di regime autoritario o dittatoriale come dice qualcuno... ». Accuse che sono «ridicole». E comunque «la sinistra non può lamentarsi» perché «anche oggi le principali istituzioni sono dall’altra parte, dalla Corte costituzionale alla magistratura». E a chi obietta che l’opposizione denuncia un mancato bilanciamento dei poteri istituzionali replica ironico: «Peccato se lo ricordino adesso che esiste la divisione dei poteri». Perché quando nel 2006 Romano Prodi vinse per 24mila voti «io non sapevo a chi indirizzarmi». Infine, la decisione di «non andare più in televisione a farsi insultare». Almeno a «certe trasmissioni». Berlusconi non fa nomi e si limita a parlare di «giornalisti militanti», di conduttori «che non sanno reggere» e di programmi «che non portano nulla di buono per la comprensione e l’approfondimento dei problemi».

«Mai più - assicura - gli esponenti della maggioranza andranno in tv per farsi insultare». Non fa nomi Berlusconi, nonostante l’insistenza dei cronisti. E si limita a rilanciare: «Se non cambiano gli atteggiamenti della sinistra, di insulto e di puro mendacio, a noi non conviene esporci». 

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