Berlusconi sfratta Prodi: "Abbia dignità, si dimetta"

Il Cavaliere a Milano: "Ci sono tanti temi su cui dialogare con il Pd". E sullo scontro con i magistrati: "Sono vittima, basta con l’oppressione giudiziaria". Ma l'attacco non esclude l'apertuta sulle riforme. Passeggiata fra pensionati e bancarelle all'Isola: "Sono nato qui, davanti alla sede Pci. Era destino". Poi scherza: "Ho le stigmate e non solo quelle"

Berlusconi sfratta Prodi: 
"Abbia dignità, si dimetta"

da Milano

«Quando alzate il telefono o usate il telefonino siete sicuri di non essere intercettati?». La domanda di Silvio Berlusconi fa ammutolire per un attimo la gente che lo ascolta al mercato di piazzale Lagosta. Poi, mentre qualcuno urla «No!», il leader del Popolo della libertà mira diritto «all’oppressione giudiziaria» di cui si sente vittima insieme al resto degli italiani. Denuncia due pesi e due misure: «I magistrati Clementina Forleo e Luigi De Magistris sono stati messi in croce perché indagavano su Fassino e D’Alema. Noi li abbiamo difesi perché siamo garantisti. È inammissibile che ora attacchino me per fatti meno gravi». Durissimo contro il governo: «Mi meraviglia che Prodi non abbia la dignità di dimettersi, quando la fiducia in lui è scesa al 20 per cento». Un attacco che non esclude il dialogo sulle riforme. Al contrario: «Ci sono tanti temi su cui bisognerebbe cercare l’accordo intorno a un tavolo. Non sarebbe una grande coalizione ma grande senso di responsabilità».
Centomila gli italiani sotto controllo telefonico. Lui lascia parlare i numeri: «Sono più della somma di tutti gli altri Paesi europei». L’invadenza delle intercettazioni, il peso dello spionaggio sui contribuenti e la «difesa della privacy» sono corde che risuonano acute tra i comuni cittadini, il Cavaliere lo sa bene e parte da lì per descrivere l’allarme: «Non vogliamo più questa oppressione giudiziaria. Provate a entrare in un’aula di giustizia e vedrete che cosa vuol dire trovarsi davanti a un giudice che è condizionato dal pubblico ministero». Accusa la sinistra di «rivoltare la frittata» e spiega di non aver mai detto che i senatori sono stati torchiati, ma solo che sono stati interrogati a lungo alla vigilia del voto sulla finanziaria: «La sinistra mi attacca anche se sono una vittima. Io non ho attaccato la magistratura, mi sono limitato a raccontare fatti».

Lo spazio per la politica è ampio, perché nel nuovo corso del Pdl il confronto con la gente è un passaggio continuo e obbligato. «Il nostro modello è la Svizzera, dove i cittadini vengono chiamati a decidere attraverso referendum» spiega. «Supplica» An e Udc nonostante le polemiche continue e accentuate dalle divergenze in tema di giustizia: «Vi voglio un mare di bene. Sarete ancora i nostri alleati più cari». Sgrida affettuosamente Carlo Fatuzzo, il leader del Partito dei pensionati con lui sul palco, che se la prende con “vicini che non sono poi così vicini”. Lo prende sotto braccio: «Non parlare male degli alleati...».
Sotto accusa invece il governo e l’attuale sistema politico, perché consentono a una minoranza rumorosa di tenere in scacco il Paese nel nome di idee e pratiche marxiste. «Noi italiani siamo gli unici in Europa a essere in balìa di alcuni movimenti estremi. È una cosa che non può funzionare». E i condizionamenti riguardano anche temi di attualità come gli extracomunitari: «Hanno aperto le frontiere perché ritengono gli immigrati un fattore di contrasto dello Stato borghese». Secondo Berlusconi, sono cinquanta senatori della sinistra a decidere tutto: «I provvedimenti sono imposti da un terzo dei senatori. Gli altri 108 dicono sì perché non hanno più radici ideali né ideologiche. Ormai sono solo professionisti della politica».


Un discorso in cui a sorpresa trova spazio l’apprezzamento per Palmiro Togliatti, segretario del Pci nel dopoguerra: «Siamo in balìa di un gruppo di persone che si chiamano comunisti, sono comunisti e pensano da comunisti. Ma non da concreti pragmatici come era lui...». Almeno in mezzo a falce e martello, Togliatti resta il Migliore.

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