Milano - «Davvero, non se ne poteva più della vecchia politica...». Silvio Berlusconi si confonde con la folla di piazza del Duomo che lo stringe, lo chiama, cerca di avvicinarlo mentre lui un po’ parla e un po’ scappa, con scatti da centometrista che sono la cifra del nuovo corso e della nuova corsa verso il Partito del popolo della libertà. Il referendum per il nome della formazione politica che sarà si è concluso con una specie di pari e patta. Cinquantatré a quarantasette per cento, Popolo della libertà in (leggero) vantaggio su Partito della libertà. «Vedremo...», commenta ecumenico l’ex premier, convinto che la nuova casa politica sia destinata ad accogliere ogni liberale d’Italia. A questo punto è molto probabile che alla fine il nome sarà «Popolari per la libertà». Da definire restano i dettagli.
«Le nostre porte sono aperte a tutti» dice, rivolto agli (ex?) alleati. «Spero che tutti vengano con noi. Se non lo faranno peggio per loro, finiranno nell’isolamento e nell’ininfluenza politica», risponde tranchant a chi gli chiede una replica alle accuse di Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini. La colpa più grave, secondo lui, è l’assenza di sintonia con i bisogni della gente: «La vecchia politica non capisce i sentimenti dei cittadini». Eppure Berlusconi continua a invitare all’unità: «Dobbiamo stare tutti insieme. Non abbiamo chiesto l’annessione a nessuno». Anzi, per il leader dell’Udc ha parole concilianti: «La sua visita ai gazebo di Forza Italia? È un gesto che ho apprezzato tantissimo...». Ottimista anche su Bossi: «L’ho sentito ieri. La Lega non ha nulla da temere».
Parla delle primarie che ha in mente per scegliere il leader del nuovo partito, comunque esso si chiami. «Stiamo studiando le primarie del Partito repubblicano e del Partito democratico che si svolgono negli Stati Uniti. Abbiamo in mente di realizzare primarie vere, con un risultato certo», annuncia mentre procede strattonato dalla gente che lo insegue dal Duomo fino in piazza San Babila, nello stesso punto in cui due settimane fa ha annunciato la nascita del Partito della libertà.
Lì, nella piazza della svolta, è tornato ad arrampicarsi sul predellino della Mercedes senza sensi di colpa per la scelta esterofila. La risposta a Luca Cordero di Montezemolo è tagliente. «Usavo la 130. Non è colpa mia se la Fiat non ne fa più», butta lì al presidente di Confindustria che, in pieno spirito autarchico, si è indignato perché Berlusconi sponsorizza con la sua presenza auto tedesche invece delle ammiraglie made in Italy. «Trovo umiliante per la Fiat e per il Paese che una persona così eminente e così attenta alla gente usi macchine straniere» le parole di Montezemolo. Il Cavaliere la butta sul ridere e sulla nostalgia anni Settanta: «Che peccato, la 130 mi piaceva molto...».
Chi non vuole il dialogo? La domanda provoca una risposta immediata: «È contrario chi vuole mantenere i vecchi privilegi». Fuori dalla lista c’è il segretario del Partito democratico, quel Walter Veltroni con cui Berlusconi ha avviato consultazioni per la nuova legge elettorale: «Come me crede in un bipolarismo vero, senza veti né ricatti». Perché è di questo - Berlusconi ne è convinto - che è stufa la gente ed è su queste basi che è nata la rivolta contro la casta. «L’antipolitica è contro questo tipo di politica e contro certa sinistra» dice. Ecco perché il nuovo partito è «una svolta epocale, quasi una rivoluzione». Per usare la sua metafora, il Pdl è una piramide rovesciata. Un tempo in fondo c’erano i cittadini e ai vertici la classe politica, nel suo progetto invece è tutto al contrario: saranno gli elettori a scegliere il nome e poi i valori, la classe dirigente e i leader.
L’inchiesta della magistratura sul Comune di Milano non spaventa Berlusconi, che esprime totale fiducia nel sindaco e nelle sue scelte. «Se ha pagato consulenti per toglierli dal mercato, ha fatto bene» osserva, commentando le critiche della Corte dei Conti. La stima per Letizia Moratti è inattaccabile e senza condizioni: «È una persona corretta e lontanissima da qualsiasi tipo di interesse. Non sono assolutamente preoccupato e anzi le ribadiamo tutta la nostra solidarietà».
Berlusconi contende i fan anche a Kakà, che dall’altra parte di piazza del Duomo, ai confini con la Galleria, si avvia a ricevere il Pallone d’Oro.
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