nostro inviato a Cagliari
Fosse stato per lui, Silvio Berlusconi non sarebbe tornato a parlare della Costituzione dopo una mattinata dedicata alla crisi economica e allaccordo con le Regioni sugli ammortizzatori sociali e con davanti la chiusura della campagna elettorale sarda. A Cagliari, invece, irrompe il monito di Giorgio Napolitano che invita tutti a «tenersi stretta la Carta» e sottrarsi sarebbe letto come un altro sgarbo al Quirinale. E tutto ha in mente in queste ore il premier fuorché gettare benzina sul fuoco delle polemiche che si sono accese allindomani della vicenda Englaro.
Così, a chiosa delle parole del capo dello Stato, il Cavaliere è netto. «Penso anche io teniamocela stretta e - dice - condivido al 100% le parole di Napolitano». Con un però. Perché se con il Colle i rapporti sono in via di distensione, ben diverso è il termometro degli equilibri tra maggioranza e opposizione dopo la sortita di Oscar Luigi Scalfaro a piazza Santi Apostoli. Siamo davanti, attacca il premier, «allulteriore prova della spudoratezza di questa sinistra che ha cambiato interi capitoli della Costituzione solo con i suoi voti». «Tra laltro - aggiunge riferendosi al 2001 - una modifica fatta male e con solo quattro voti di vantaggio». E ancora: «Ci sono i cassetti del Parlamento pieni di proposte della sinistra di modifica della Carta». Il concetto è chiaro: se parlo io di modificare la Costituzione «apriti cielo», se lo propone il centrosinistra invece se ne può discutere. Mi pare chiaro, aggiunge infatti Berlusconi, che «non possono considerare un sacrilegio la modifica della Costituzione», che «si può anche cambiare quando cè la generale volontà di farlo».
Nessuna polemica con Napolitano, dunque, ma verso lopposizione e il suo leader il Cavaliere non è affatto tenero. Walter Veltroni dice che «racconta barzellette», gli chiedono i cronisti. «Bene - replica Berlusconi - quando si tocca unaltra istituzione anche solo con un graffio nascono polemiche, mentre lo sport nazionale della sinistra è prendersela con il presidente del Consiglio, che è il presidente di tutti». Un chiaro riferimento alla querelle nata con il Colle dopo il caso Englaro. Ma ce nè anche per Scalfaro perché «sappiamo la storia che ha».
Si passa alle cose sarde, ma resta nel mirino il segretario del Pd, anche lui sullisola insieme ad Antonio Di Pietro per chiudere la campagna elettorale di Renato Soru. «Veltroni dice che vengo in Sardegna per un candidato che si presenta con una lista che porta il mio nome, ma - attacca - se la sinistra avesse un suo simbolo chi ci avrebbe messo, Scalfaro?». Daltra parte, lultimo giorno prima del silenzio elettorale non poteva essere che una sfida a distanza tra Berlusconi e Veltroni. Con il primo che anche nel comizio insieme a Ugo Cappellacci non si risparmia: «Dicono che io sono un colonizzatore. E Veltroni cosè, un turista?». Ma il duello a distanza è anche con Soru, con frecciate reciproche che si ripetono per tutta la giornata. «Gli ex o i post comunisti sono tutti uguali», chiosa il Cavaliere. Che anche nel comizio serale al palazzetto dello sport di Cagliari insiste molto sul legame tra il governo nazionale e uneventuale giunta regionale guidata da Cappellacci. Con le immagini, annodando insieme la bandiera tricolore e il vessillo sardo. Ma pure con le parole. Perché, dice Berlusconi, «questo esecutivo di fannulloni è riuscito a stipulare laccordo definitivo con la Safi dellimprenditore veneto Sartor ed è ruscito così a garantire tutta la filiera del cloro negli stabilimenti di Porto Torres e Assemini». Insomma, «abbiamo risolto il problema della chimica sarda».
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