Berlusconi: «Vorrei fare anch’io il sindaco»

«Rimanere nella storia di una città per aver bene amministrato è un’avventura entusiasmante». E così Silvio Berlusconi confida che gli «sarebbe piaciuto fare il sindaco di Milano». E, invece, gli è toccato scegliere i candidati. Nove anni fa Gabriele Albertini, ora Letizia Moratti. «Ad Albertini - rivela - ho dovuto fare la corte per un anno. Poi in una giornata ad Arcore sono riuscito a convincerlo. Ora ho dovuto fare una lunga corte anche a Letizia Moratti. Lei non aveva pensato a questa responsabilità, ma adesso potrebbe diventare il primo sindaco donna di Milano». L’interessata conferma. «Candidarmi sindaco - le sue parole - è stata una scelta non facile dopo cinque anni piuttosto complicati al ministero. Forte è stata la tentazione di tornare a casa a occuparmi della mia famiglia e della mia impresa, ma ora sono felice di esser qui. Milano è il motore del Paese e della solidarietà che c’è nella tradizione di questa città».
Un duetto inedito ieri mattina a Palazzo Reale per la presentazione della lista di Fi. Il primo giorno da ex premier Berlusconi lo spende a Milano («Siamo già al lavoro su tanti fronti»). «Sono capolista - le parole di Berlusconi - perché sono nato a Milano, mia madre si chiama Bossi e dunque è padana, io ho studiato e lavorato qui. Qui ho creato una società che dà lavoro a 56mila collaboratori e qui ho dato vita a Forza Italia». Impossibile non ricordare gli ultimi risultati elettorali. «Forza Italia - aggiunge - ha avuto molto da Milano. Noi siamo il primo partito in Italia, ma a Milano, la locomotiva d’Italia, siamo ancora di più il primo partito. E, infatti, un milanese su tre ci vota. E questo perché qui servono i risultati concreti, lontani dal teatrino delle chiacchiere a cui troppo spesso si riduce l’amministrazione della cosa pubblica. A Milano conta la moralità del fare. Mantenere le promesse e lavorare ogni giorno per rispettare gli obblighi assunti con chi ci vota».
Applaudono i sessanta candidati diligentemente raccolti nella cartellina con i numeri e le biografie di ciascuno. E applaudono ancor di più quando si parla di Ici. «La mia - assicura Berlusconi - non era una trovata elettorale. È una tassa che consideriamo iniqua perché colpisce chi ha fatto sacrifici per la casa, la prima sicurezza. Milano dimostrerà come l’Ici non è necessaria per far quadrare i bilanci. Qui è già la più bassa d’Italia e non è stata introdotta l’addizionale Irpef. Ecco uno degli esempi del nostro buon governo». Milano, dunque, come roccaforte per l’operazione rivincita. «Con la mia candidatura a capolista - aggiunge - voglio essere al fianco di Letizia Moratti. Queste elezioni vanno oltre il futuro della nostra città, perché si proiettano su scala nazionale in un momento in cui il Paese risulta diviso. E in cui chi governa non ha la maggioranza». Già pronta la tabella scudetto. «Io faccio come a scuola. Per arrivare ad otto bisogna puntare al 10. Per Milano voglio che un milanese su tre voti per noi». Uno scontro che ha già dimostrato tutte la sue asperità. E la Moratti non può non ricordare gli ultimi spiacevoli episodi. «Dei fischi non mi preoccupo - assicura -. Mi importa il significato politico di quello che è successo. È grave quando si cerca di delegittimare l’avversario dandogli del “padrone”. Proprio a Milano, dove il lavoro è sempre stato un patrimonio di tutti». Albertini non c’è, impegnato nella missione istituzionale a Kabul, ma per Berlusconi è assente più che giustificato.

Anche nella lista. «Lui è un tipo particolare, quando si impegna in una cosa la vuol fare al cento per cento». Chiaro il riferimento alla scarsa attitudine del sindaco alla vita di aula. «Ma ha promesso che sarà al nostro fianco».

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