Dopo Berlusconi ora Repubblica dà la caccia a Formigoni

Dopo l’uscita di scena del Cavaliere, il quotidiano di Mauro vuol provare a colpire il governatore lombardo

Dopo Berlusconi ora Repubblica dà  la caccia a Formigoni

Caduto Silvio Berlusconi, ora tocca a Roberto Formigoni. Repubblica, il giornale-partito che per anni ha condotto una martellante campagna contro il Cavaliere, adesso inquadra nel mirino un altro obiettivo: il presidente della Regione Lombardia. E scatena una campagna che non va tanto per il sottile. In prima pagina il quotidiano diretto da Ezio Mauro pubblica un affilatissimo editoriale firmato da Gad Lerner e intitolato significativamente «La colpa di Formigoni»; dentro, nel corpo del giornale, Repubblica intervista Giuliano Pisapia e chiede a gran voce che la giunta corrotta se ne vada, la stessa richiesta avanzata dal conduttore dell’Infedele.

Le parole dei due si assomigliano fino quasi a sovrapporsi. Dice Pisapia: «Un giudizio politico voglio darlo: un sistema tale di corruzione non è accettabile né e a Milano né altrove. Ecco perché, ora, il centrosinistra deve iniziare a ragionare per portare la buona politica in Regione». Scrive Lerner: «Sarebbe un bel regalo di Natale chiudere il 2011 con le dimissioni della giunta regionale lombarda».

Tutti e due naturalmente parlano dopo l’arresto, clamoroso, del vicepresidente del consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani, travolto da una storiaccia di mazzette e rifiuti. Sia chiaro: non può non destare indignazione e allarme scoprire che un politico lombardo di peso, in passato anche nella giunta Formigoni, nascondeva in casa, in una libreria, 100 mila euro frutto probabilmente di una tangente. E sapere che la mitica Brebemi, attesa da decenni, veniva costruita sistemando in alcuni punti l’asfalto su una base di scorie tossiche. Così come vanno messi in conto i precedenti arresti che hanno funestato la lunghissima era formigoniana: basta pensare alla penosa uscita di scena dell’assessore Pier Gianni Prosperini, affondato dalla sua insaziabile ingordigia.

Ma fare di tutt’erba un fascio non è corretto e soprattutto stupisce la facilità con cui si pretende che una giunta, confermata solo l’anno scorso per la quarta volta da un granitico 56,11 per cento degli elettori, venga spazzata via dalla ramazza della magistratura o, peggio, si faccia da parte spontaneamente, rossa di vergogna. Certo, con Formigoni il metodo dello spread non può funzionare, come con Berlusconi. E nemmeno si può ipotizzare la soluzione giudiziaria. Formigoni è stato coinvolto, come quasi tutti i suoi colleghi di destra e di sinistra, del Nord e del Sud, in varie indagini ma ne è sempre uscito pulito. Senza ammaccature.

Insomma, dopo sedici anni di potere nella città simbolo di Mani pulite, il governatore non passa le sue giornate in aula. Almeno fino ad oggi. È, o dovrebbe essere, una situazione normale, ma a Milano la Procura ha fatto cadere come birilli decine di personaggi, e fra Milano e Monza è stato scoperchiato il cosiddetto sistema Penati e le trame oblique di una parte importante del Pd.
Non importa. Questi sono dettagli di poca importanza per il giornale-partito che ha tirato la volata al sindaco arancione e si ritrova nello studio arancione di Lerner.

Il salotto frequentato dallo stesso Pisapia, da Roberto Vecchioni, l’artista simbolo della «liberazione» di Milano, da sua moglie Daria Colombo, da Moni Ovadia e da tanti altri girotondini e indignati che non vedono l’ora di stracciare la cartolina del quindicennio formigoniano, parallelo all’altrettanto odiato «ventennio» berlusconiano. Pisapia, alle prese con la dilaniante vicenda Boeri e in difficoltà nella battaglia antismog, nasconde sotto il tappeto i suoi guai, predicando da leader del partito arancione.

E trova una sponda su Repubblica, sempre più preoccupata per le possibili evoluzioni di Formigoni, un Formigoni che non nasconde le sue ambizioni e, insieme ad Alfano e Maroni, potrebbe rilanciare l’alleanza Pdl-Lega oggi in crisi.

Meglio stoppare, in un modo o nell’altro, questo tentativo. Conteggiando tutto quello che passa il convento: anche i fondi neri del San Raffaele, che pure è un ospedale d’eccellenza, perfino le infiltrazioni della ’ndrangheta sotto la Madonnina.

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