Bernabè vende la Germania e difende il suo piano

Telecom vende la controllata tedesca Hansenet per 900 milioni, prezzo giudicato basso da qualcuno (tra cui uno dei principali azionisti, Marco Fossati, anche se ieri i suoi uomini in cda hanno dato l’ok), ma non dalla Borsa. Nel giorno dei conti trimestrali il titolo ha chiuso a +2,1%, mentre le risparmio hanno fatto registrare un più 4,5% grazie alla promessa di una stabile politica dei dividendi. Telefonica, alla fine, è riuscita nell’intento di «rosicchiare» un pezzetto di Telecom, cioè quella Hansenet (contro la vendita in cda ha votato solo il consigliere Zingales) voluta dall’ex ad Riccardo Ruggiero, nel 2003, insieme ad «Alice Francia» per rilanciare la società in Europa. Poi Telecom è passata di mano e le priorità sono cambiate.
I soci che subentrano alla gestione di Marco Tronchetti Provera, ossia Mediobanca, Intesa, Generali, Benetton che ha recentemente lasciato e gli spagnoli di Telefonica (tutti riuniti nella holding Telco), cercano stabilità e vogliono qualcuno capace di rimettere ordine nei conti. L’uomo giusto pare essere Franco Bernabè, anche se dopo tre anni la sua politica dei piccoli passi non accontenta più alcuni dei grandi soci. Per questo Bernabè sta ora stringendo le fila dei fedelissimi. A farne le spese è il capo della rete, uno dei punti caldi della gestione, Stefano Pileri, da tempo in difficoltà, e ora in uscita. Il suo posto verrebbe preso da un manager meno «tecnico» di Pileri, quale Oscar Cicchetti, attuale responsabile del mercato nazionale. Mentre a guardia dell’altro punto vitale dell’azienda, la finanza e dunque il debito (visto in discesa a 34 miliardi dai 35 attuali), andrebbe come direttore finanziario Andrea Mangoni, al posto di Marco Patuano, destinato a sostituire Cicchetti.
Tra i problemi di Bernabè, oltre al debito e al destino della rete che molti (sia a destra sia a sinistra) vorrebbero in mano a Cdp, i ricavi, in discesa anche per cause congiunturali: oltre alla crisi, che ha fatto perdere fatturato nel segmento business (-289 milioni), la concorrenza e la pressione delle Authority sui prezzi. Ma è calato anche il mercato consumer (-674 milioni) per la decisione di tagliare le aree di business a bassa marginalità (non sussidiare più cellulari a basso costo). A compensare non è bastata la crescita sulla banda larga fissa (+86 milioni) e mobile (+51 milioni) e neppure l’aumento del canone wholesale (ovvero quello pagato dai concorrenti) deciso dall’Authority che, grazie anche all’incremento di traffico degli operatori alternativi, ha fatto lievitare questa voce di 224 milioni. Il risultato è in linea con le attese ma poco confortante: nei nove mesi, Telecom ha chiuso con ricavi in calo del 6,2% (-4,4% considerando Hansenet) a 20,188 miliardi mentre per effetto dei tagli ai costi (principalmente quelli al personale) i margini sono saliti. Sull’utile di 1,16 miliardi, invece, pesa la svalutazione attribuita all’avviamento di Hansenet pari a 540 milioni. Nel trimestre i ricavi sono stati di 6,7 miliardi, in calo del 5,6% rispetto all’anno scorso. Bernabè, comunque, difende il suo piano. «I target sono stati rispettati - ha spiegato l’ad nella conference call con gli analisti -; confermiamo gli obiettivi di redditività, riduzione del debito e remunerazione dell’azionariato».

L’ad ha anche confermato che le cessioni previste continueranno, il bond non è più necessario, mentre per cercare di fermare l’emorragia dei clienti mobili che spendono poco è stato chiamato da Wind un mago del settore, Fabrizio Bona ora a capo della divisione consumer. Bona, ieri in conference call, ha promesso miracoli: nuovi clienti già a partire dal primo trimestre dell’anno.

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