Bersani alimenta il clima d’odio: «Berlusconi al Colle mette i brividi»

Un altro 25 Aprile in cui fanno notizia i fischi. La novità di quest’anno è che le contestazioni sono ripartite in modo un po’ più equilibrato che negli ultimi anni, quando il bersaglio unico era Silvio Berlusconi, il suo governo, il centrodestra. Stavolta a Milano anche il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha avuto la sua dose di contestazione. La provenienza è la solita: gli attivisti dei centri sociali. Si pontifica che la festa della Liberazione deve unire e non dividere. Che deve saldare la coscienza nazionale e non sottolineare le diversità. Belle parole. Che però vengono regolarmente disattese da gente che aspetta l’anniversario per mostrarsi vivi.
I centri sociali a Milano hanno provocato tensione con le forze dell’ordine, cercando di sfondare il cordone di sicurezza e prendere la testa del corteo mentre la manifestazione sfilava in corso Venezia, all’altezza di via Palestro, teatro di un attentato nel 1993 che dovrebbe meritare rispetto assoluto. Invece i «disobbedienti» hanno creato scompiglio, inalberando striscioni che paragonano Berlusconi a Gheddafi, «cacciate questo raìs» era scritto, con il premier raffigurato come il Joker antagonista di Batman. E se la sono presa anche con i rappresentanti della Brigata Ebraica, apostrofati come «fascisti».
A Milano è stata fischiata il sindaco Letizia Moratti, che pure è figlia di un partigiano. A Firenze è stato minacciato il senatore pidiellino Achille Totaro e sono apparse scritte offensive contro il filosofo Giovanni Gentile nel luogo in cui l’autore della riforma scolastica fu ucciso da un commando di partigiani dei Gap. Nel centro di Livorno sono state tracciate sui muri stelle a 5 punte e diffusi volantini pro-Libia con le foto di Berlusconi, Gheddafi e Hitler. Nel Mugello vandali hanno invece danneggiato una sede del Partito democratico. A Venezia manifesti attribuiti a Forza Nuova (che ha negato) hanno definito il 25 Aprile una giornata di lutto nazionale.
A Roma, all’Altare della Patria, una salva di fischi ha investito il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, accanto a un impassibile presidente Giorgio Napolitano, il quale nel suo discorso aveva invitato la politica a «mettere fine allo scontro cieco». Contestazioni anche per l’assessore ai Beni culturali della capitale, Dino Gasperini. Ma la trovata più vergognosa, sempre a Roma, è stata un’insegna - collocata nel quartiere Pigneto - uguale in tutto e per tutto al famigerato motto che accoglieva i condannati al campo di concentramento di Auschwitz: lo stesso contenuto («il lavoro rende liberi»), medesima grafica (un arco in ferro battuto lungo quattro metri), con l’unica differenza di essere scritta in inglese anziché in tedesco. Un lavoro accurato che ha richiesto parecchi giorni di preparazione. Il governatore laziale Polverini e il sindaco Alemanno hanno condannato la provocazione, ma c’è stato chi ha apprezzato un gesto interpretato come protesta verso le multinazionali dove si lavora come nei lager.
Fischi, contestazioni, tensione. Il 25 Aprile continua a dividere. Ma soltanto quanti se la prendono con il governo vengono tollerati, per loro c’è un trattamento di favore. Un doppiopesismo sancito dal leader stesso del Partito democratico: «Oggi non avrei fischiato il ministro della Difesa, mentre due settimane fa in Parlamento sì», ha detto ieri. In precedenza Bersani aveva registrato una trasmissione con Lucia Annunziata (andata in onda ieri sera su Raitre) dove accusava il premier di voler puntare al Quirinale grazie a «una vergognosa legge elettorale» e accettava l’idea di «riforme condivise» ma naturalmente «non di leader alla Berlusconi che ci portano fuori dai binari». Un’idea ribadita anche in piazza: «Giorgio Napolitano è un grande presidente e la possibilità che Berlusconi salga al Quirinale è da brividi». Dal canto suo, Antonio Di Pietro imputava al governo di «screditare i valori della Costituzione». Sempre così.

Si invocano «le regole» ma non tutte, perché le leggi volute dal centrodestra vanno condannate. Si chiede pacatezza e dialogo mentre si alimenta la divisione civile. E poi ci si lamenta se piovono fischi e se gli anniversari continuano a spaccare il Paese.

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