RomaLultimo a provarci è stato Sergio Chiamparino: un appello a rinviare il congresso del Pd a dopo le Regionali 2010, viste «le condizioni in cui siamo oggi». Trovando una «soluzione ponte per non rimanere impelagati nella conta interna che ci distrarrebbe dalla preparazione delle elezioni».
La «conta» stavolta rischia di essere senza rete: mai si era arrivati ad un congresso senza laccordo pieno tra gli oligarchi sul candidato vero. E a molti lidea non piace per nulla: da Marini a DAlema a Piero Fassino. Lo stesso Dario Franceschini è stato tentato di accettare un accordo per il rinvio e il suo «congelamento» alla segreteria, a patto però di non dover poi essere sacrificato nel caso le Regionali andassero (comè prevedibile, allo stato) malamente. Già ieri, però, DAlema ha smentito la sua analisi ottimistica dellesito dei ballottaggi: certo, «abbiamo tenuto» dove era indispensabile tenere, ma «cè di certo unavanzata del centrodestra e il nostro non è un successo». A parte la «sua» Puglia, ça va sans dire. «Il risultato non è buono per noi», chiosa anche Bersani.
Laccordo sul rinvio è stato bloccato da veti molto fermi: quello di Walter Veltroni, e ovviamente quello di Pierluigi Bersani, che non vuole perdere la sua ultima chance di leadership. E che ieri, dopo un incontro con Franceschini, ha annunciato sul suo sito web il debutto da candidato, il 1° luglio. E anche Franceschini ha rotto gli ormeggi, e oggi annuncerà la propria candidatura nella corsa congressuale. Avrebbe dovuto farlo ieri, ma si è giudicato non opportuno bruciare la notizia, per altro non proprio inattesa, in un giorno in cui «il primo titolo dei giornali sarà comunque per Berlusconi». Si va dunque alla competition, le assise saranno convocate venerdì dalla direzione per lautunno, e anche DAlema ha promesso che sarà «come sempre allineato agli organismi dirigenti». Nella direzione, però, emergeranno diversi dissensi: Chiamparino ribadirà la sua proposta, e molte voci si aggiungeranno a suggerire una frenata (Anna Finocchiaro proporrà un congresso «sulla politica e non sui nomi», cioè senza gara per la leadership) o a criticare uno scontro che, spiega il senatore ex Ds Morri, «agli occhi del nostro popolo non sembrerà altro che lennesima riedizione delleterno duello Veltroni-DAlema». Col rischio, teme più di uno, che stavolta lesito possa essere più dirompente: «Se vince Franceschini, Bersani e DAlema restano nel partito. Ma se vince Bersani, su una linea dalemiana, siamo sicuri che Veltroni, Rutelli, un pezzo di ex Ppi non se ne vadano a fare altro?», si interroga un esponente Pd. E gli ex Ppi, al momento, sono convinti che «il congresso lo vincerà Bersani: ha con sé buona parte degli apparati e le regioni dalemiane», dalla Liguria alla Puglia, dallEmilia al Piemonte, dallUmbria alla Campania. Poi la sfida si riaprirà alle primarie, che secondo statuto seguono le assise dove vengono scremati i candidati. Con esito incerto. A meno che, è il retropensiero di molti, di qui ad ottobre non succeda «qualcosa» (una crisi politica e di governo) che fermi tutto. E apra magari la strada a quel «governissimo per la riforma elettorale tedesca» evocato ieri dalleditoriale di Repubblica: «Unidea molto dalemiana», insinua un veltroniano.
Ora che i candidati sono in campo, mancano le piattaforme.
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