Bersani, un manifesto abusivo per l’artigiano della canzone

Aveva solo 20 anni, il romagnolo Samuele Bersani, quando un pomeriggio si presentò a Lucio Dalla - al soundcheck di un concerto - con un piccolo registratore in mano. Voleva fargli sentire una canzone. Dalla e il suo produttore, Renzo Cremonini, gli chiesero di restare a far due prove, ma senza promettere niente. Quella sera sul palco - dopo aver eseguito Caruso - Dalla, rivolgendosi al pubblico, disse: «Oggi pomeriggio è venuto un ragazzo, non mi ricordo nemmeno il suo nome, mi ha fatto ascoltare una canzone e mi piacerebbe metterlo subito alla prova...». Comincia così la biografia di Samuele Bersani, dal vivo stasera allo Smeraldo (ore 21, ingresso 35/20 euro). Cantautore a se stante («perché continuo a credere che, se la musica non regge, la canzone diventa un buco nero che si ingoia tutto il resto»), pignolo, di talento e che con il Pierluigi leader del Pd non ha nessun grado di parentela («Il nuovo concerto si apre con Non portarmi via il nome: racconta di un'Italia diversa, di quando sono nato. A un certo punto Bersani è diventato quell'altro. Quando fece la legge contro le lobby dei tassisti, prendere un taxi per me è stato un po' più scomodo. E quando ho letto sull'Ansa che Bersani andava a Sanremo, mi sono detto: "Ma non mi hanno avvertito"»), ha da tempo raggiunto una compiuta maturità artistica, figlia di anni di lavoro sulle parole e sulla musica delle sue canzoni: dall'album di esordio C'hanno preso tutto (quello della hit del 1992 Chicco e Spillo) fino al recentissimo Manifesto abusivo. Per la serie: undici brani, che evocano alla lontana Lucio Battisti ed Elvis Costello, magari più cupi rispetto al suo consueto fraseggio (auto)ironico, ma molto apprezzati dalla critica, pronta a tessere lodi incondizionate a Samuele Bersani, cantautore simbolo della sua generazione, un quarantenne (festeggerà il compleanno ad ottobre) curioso, sagace e che alle pose da divo preferisce il basso profilo. «Ho scritto di cose che mi appartenevano, le mie crisi, fallimenti sentimentali, momenti felici e di sconforto passeggero - ha detto azzardando un'autorecensione -. Ho evidenziato i lati grigi di questo Paese e delle nostre esistenze partendo da me. Al settimo disco realizzare un album è un'incognita. Oggi descrivo la realtà che mi circonda non guardando dall'alto, ma stando tra la gente.

Mi piace che mi possa capire anche chi non ha fatto il liceo classico, che la gente mi consideri un artigiano. Ecco, chiedo solo più attenzione verso queste composizioni. Hanno bisogno di essere ascoltate più di una volta».

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