«Se Berlusconi usa Bruxelles come scappatoia per evitare di essere interrogato dai pm di Napoli sul caso Tarantini - scriveva ieri l’ Unità - , Bersani sta lavorando per far passare anche per l’Unione europea la costruzione di un’alternativa alle politiche della destra (...) e infatti venerdì non sarà alla festa Idv di Vasto, dove è previsto un confronto a tre con Di Pietro e Vendola, (ma) a Berlino per continuare il discorso con il leader Spd Sigmar Gabriel». E se fosse vero il contrario? Se Bersani scappasse in Europa per non ritrovarsi sullo scomodo palco dipietrista?
Il sospetto viene leggendo l’insinuazione malandrina che apre l’articolo dell’ Unità , con quel paragone fra le due trasferte europee di Berlusconi e Bersani che somiglia tanto ad una vistosa coda di paglia o a una scusa non richiesta ( con quel che segue). Le ragioni per disertare non mancano. Certo è che Di Pietro l’ha presa male, e, sebbene lo staff di Bersani sostenga di averlo informato per tempo, ha fatto sapere di non voler modificare il programma della festa (che prevede un confronto a tre con Vendola e, appunto, Bersani), di non accettare «sostituti», e di essere pronto a sistemare polemicamente sul palco una sedia vuota.
L’Spd e l’intera sinistra europea possono aspettare: per Di Pietro dev’essere una questione d’onore. La fuga in Europa non è una novità nella politica italiana. Per restare a sinistra, basterà ricordare che per sfuggire a Craxi una volta Occhetto si fece invitare all’ultimo minuto a un convegno dei socialisti europei a Barcellona, mettendo in qualche imbarazzo l’allora responsabile Esteri del partito, Giorgio Napolitano, che se lo vide piombare all’improvviso in albergo. Era il marzo del 1990, il Psi era riunito a congresso a Rimini e Craxi invitò Occhetto: il quale però, non volendo finire nel famigerato camper dove il leader socialista usava ricevere gli interlocutori (e dove l’anno prima era nato il non meno famigerato «Caf»), prese un aereo per la Catalogna e a Rimini spedì al suo posto D’Alema e Veltroni.
Se questa volta Bersani si rifugia a Berlino, è perché non vuole farsi immortalare a pugno chiuso insieme a Di Pietro e Vendola. Vale a dire che non vuole, come invece gli chiedono sia Idv sia Sel, stringere i tempi dell’alleanza, precostituire un assetto di sinistra-centro, e chiudere le porte all’Udc. Bersani ha sempre giocato su due piani e così intende continuare a fare: da una parte il «Nuovo Ulivo »,cioè l’alleanza più o meno organica con Idv e Sel (tutta da costruire, visto che non c’è accordo né sul programma né sulla leadership), dall’altro un’intesa con Casini che riequilibri il profilo della coalizione e, particolare non secondario, renda possibile la vittoria anche al Senato. Bersani è convinto che il tempo giochi a suo favore, e prima o poi la grande alleanza da Vendola a Casini prenderà forma spontaneamente: tanto più se ci fossero elezioni in primavera. Ma è vero anche l’inverso: più passa il tempo, più si rivelano vistose le differenze fra riformisti, radicali e centristi, tanto sulla politica estera quanto su quella economica e sociale. Lo sciopero della Cgil, sostenuto entusiasticamente da Di Pietro e Vendola e opportunisticamente dalla segreteria del Pd, ha portato alla luce un fossato con Casini che potrebbe rivelarsi incolmabile (ammesso e non concesso che il leader Udc abbia mai preso seriamente in considerazione un’alleanza con la sinistra: e su questo nel Pd cominciano a crescere i dubbi).
Meglio dunque tenersi alla larga da Vasto e andarsene a Berlino, per un’innocua chiacchierata con l’ex governatore della Bassa Sassonia.
E sognare per un giorno quel meraviglioso «modello tedesco » che consente ai partiti di presentarsi da soli e poi governare insieme: proprio quello che vorrebbe Bersani (e D’Alema con lui), ma non il resto del Pd, che spronato da Prodiè corso a firmare il referendum per reintrodurre il Mattarellum. Ma questa è un’altra storia, e l’Europa non può farci nulla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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