J o Champa, prima della carriera cinematografica e la nuova vita a Los Angeles, ha un passato professionale nel mondo della moda e un forte legame con la nostra città.
Oggi Milano cosa rappresenta per lei?
«È come un amante mordi e fuggi. Lamo appassionatamente ma ho bisogno anche di staccarmi subito. In passato vi ho lavorato come sia come modella che come attrice e quindi la identifico soprattutto nel lavoro».
Anche per lei, dunque, Milano uguale grande ufficio?
«Non esattamente. La città mi ha sempre regalato anche oasi speciali. Prendere ad esempio la mattina il cornetto e il caffè macchiato da "Cova" è uno dei miei grandi piaceri della vita... Anche la cassiera e i camerieri, dopo anni che ci torno, si ricordano di me».
Non dica che in California non si fanno buone colazioni...
«E invece da voi certi breakfast sono un piacere che non posso avere qui a Los Angeles. Addirittura prima di partire da Milano, la volta scorsa, ho comprato 20 cornetti e me li sono portarti negli States. Perché, vede, qui cè il Beverly Hills Hotel dove io sono di casa, ma non è assolutamente la stessa cosa, glielo garantisco».
Eppure molti giudicano Milano provinciale. Questestate ad esempio, ha abbassato le saracinesche. Che ne pensa?
«Ma no... per me ogni città ha i suoi pregi e i suoi difetti e io non mi permetterei mai di dare dei consigli a Milano per sprovincializzarsi. Io la trovo invece una città sofisticata a tutti i livelli. Mi dispiace che voi la pensiate in modo diverso. Soffro un po, invece, lignoranza che cè a Los Angeles. Recentemente mio marito (Joe Farrell, potente produttore di Hollywood n.d.r.) mi ha chiesto che regalo volevo per il mio compleanno. Io gli ho risposto: Voglio una cena con persone intelligenti. Una cosa del genere a Milano non si verificherebbe mai».
Beh, qui anche la cultura è un tema oggetto di polemiche feroci...
«E invece trovo che Milano offrà molte possibilità di scambio intellettuale, proprio come mi succede a New York. LExpo 2015, poi, sarà una grande opportunità per la città di mostrarsi in tutta la sua gloria e il suo splendore».
Però alla fine preferisce stare a Los Angeles.
«Qui a Los Angeles è un altro mondo, ma lo è anche rispetto a New York. È cambiato lo star system, sono subentrati i grandi Reality show e tutti i nuovi media che hanno tolto, in un certo qual modo, il glamour al concetto di star».
I reality impazzano anche qui. Non trova che oggi siano penalizzanti queste scorciatoie per arrivare al successo?
«Certamente. Una volta bisognava fare un qualcosa di artisticamente importante per comparire sui giornali, serviva il talento. Mentre oggi può bastare lapparizione in reality famoso, oppure essere uno di quei personaggi che riempiono i giornali trash, tipo Paris Hilton».
Quindi a Hollywood il divismo è finito?
«Hollywood è una macchina. Durante il lancio della prima di un film, lo star system sembra un carro armato. E questa macchina da guerra, che sono gli Studios, oltre a lanciare il film, protegge alla perfezione gli attori dagli scandali, controlla ogni dettaglio e alla fine i risultati si vedono al botteghino».
Su queste pagine, Tinto Brass ha sostenuto che la filosofia del famoso Producer couch (Il famoso divano del Produttore) esiste da sempre e dovunque...
«Io questo lho osservato più in Italia che in America. Qui a Hollywood funziona diversamente: il "Produces couch può anche darti una possibilità ma non te ne dà una seconda. Dopo, se non vali, non esisti più perchè qui a Hollywood si va avanti solo per meriti professionali e talento.
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