«Bici e pedoni sui marciapiedi? Un patto sociale per la mobilità»

Milano deve imparare a condividere gli spazi. Sembra uno slogan, in realtà non lo è per nulla. É una necessità soprattutto in tema di mobilità. Auto, moto, pedoni e ciclisti si incontrano (e si scontrano) quotidianamente in una città troppo spesso «ingolfata» e obbiettivamente non sempre a misura di chi non viaggia a motore. Così quando si parla di alternative, di biciclette e di piste ciclabili spesso si paragona Milano ad altre metropoli del Nord Europa che però hanno strutture e cultura diverse. Ed è facile tirare le conclusioni. Ma una cosa sono i sogni, un’altra è la realtà. E con la realtà bisogna farci i conti. «Ciò che si deve chiarire è se vogliamo davvero che i milanesi si muovano in bicicletta o se su questo punto si vuol fare solo un dibattito ideologico- spiega l’assessore allo sviluppo del Territorio Carlo Masseroli-. La partita qual è? Purtroppo questa è una città che non ha le strade ampie di Berlino, che dopo i bombardamenti è stata quasi completamente ricostruita, ed ha un elevatissimo numero di auto in strada. Ce ne sono 600 ogni mille residenti più del doppio rispetto ad altre città europee. E noi con queste realtà ci dobbiamo confrontare che ci piaccia a no...». Quindi come va di moda dire di questi tempi «bisogna trovare la quadra». Certo, il problema sono le piste ciclabili ma non solo quelle. In centro il Comune sta mettendo a punto un sistema portante di percorsi «protetti» che coinvolgono anche circonvallazioni e parchi più un sistema di radiali che vanno verso le periferia. C’è ancora da fare ma ci si sta lavorando. «Per realizzare una rete armonica- continua Masseroli- stiamo cercando di ottimizzare gli spazi utilizzando, dove si può, i controviali e in altri punti della città le strade senza ovviamente ridurre i posti auto. Ma non basta. Perchè questo sistema portante di piste sia fruibile occorre anche che i milanesi siano messi nelle condizioni di raggiungerlo da casa loro. E il piano è quello di creare una serie di percorsi ricavati su spazi promiscui come i marciapiedi che funzionino da collegamento». La sperimentazione comincerà il 4 aprile durerà un mese e riguarderà alcuni chilometri di percorso che collega via Padova al Naviglio della Martesana. La ciclabile scorrerà su un tratto di marciapiede che chi pedala dovrà condividere con i pedoni. «Ed qui che serve uno scatto culturale- continua Masseroli- Non stiamo dicendo ai milanesi che non ci interessa della loro sicurezza o che non vogliamo fare le ciclabili. Stiamo pragmaticamente cercando di trovare uno spazio anche per i ciclisti che oggi in città sono quelli che ne hanno meno».
Trenta giorni di prova, dopodichè ai residenti della zona verrà chiesto se l’esperimento ha funzionato e se si potrà continuare fissando tutte le regole del caso. Sarà messo a punto un decalogo per spiegare ai ciclisti come si dovranno comportare, verranno fissate le regole di sicurezza e i tragitti. Dopodichè si comincerà ad estendere il progetto ad altre vie della città che già sono state monitorate ed individuate. «Stiamo valutando le possibilità- spiega l’assessore allo sviluppo del territorio- Verranno utilizzati i marciapiedi meno trafficati, dove non ci sono negozi o attività e dove i pericoli sono ridotti al minimo. E questo servirà a far crescere la percezione della bicicletta come alternativa di mobilità». Una sorta di patto sociale tra poedoni e ciclisti che potrebbe diventare anche un buon mezzo di promozione delle due ruote in città. «Certo, ci proviamo- conclude Masseroli. Giorni fa sulla mia e-mail mi è arrivata la segnalazione di un milanese che mi spiegava come funziona la Ciclovia di Bogotà, in Colombia. Là da 20 anni ormai, ogni domenica mattina una delle vie di accesso della città viene bloccata dalle 7 alle due de pomeriggio per permettere a chi vuol correre e pedalare di entrare e uscire dalla città senza rischi.

É una festa che non irrita nessuno perchè lo spazio occupato sulla carreggiata è minino e le auto continuano a circolare regolarmente. Però ognuno ha il percorso, insomma condividono. Ed è ciò che mi piacerebbe si riuscisse a fare anche nella nostra città».
antonio.ruzzo@ilgiornale.it

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