Luciano Moggi non potrà mai più entrare nel mondo
del calcio. Radiato. Paga uno e paga per tutti. La Federazione ha dato
la stessa punizione ad Antonio Giraudo e a Innocenzo Mazzini, ma il
simbolo è lui, Moggi. Lui che è e sarà il volto e la storia di
Calciopoli. Lui che, a questo punto, deve essere l’emblema della
penitenza da infliggere a tutto il sistema.
Questa sentenza di
primo grado era attesa, ma cade in un momento in cui il calcio è di
nuovo sott’accusa per lo scandalo scommesse. La coincidenza la carica di
un valore supplementare: qualcosa che assomiglia al colpirne uno per
educarne cento. E così lascia aperta una domanda: perché solo Moggi? Il
calcio italiano ha riabilitato uno per uno i protagonisti del
calcioscommesse del 1980: due anni di squalifica e sospensione e
via, un colpo di spugna, amnistia e tuttiin campo: i truffatori dell’epoca sono diventati
poi campioni del mondo, campioni d’Italia, allenatori, direttori
sportivi. Ciò che è accaduto trent’anni fa, s’è ripetuto tante altre
volte: il calcio ha sbagliato, ha trovato castighi più o meno pesanti,
poi ha riabilitato. Non oggi e questo nonostante in quello scandalo
del ’80 e in altri la prova dell’illecito sportivo ci fosse, mentre in
Calciopoli no.
Lo sappiamo, però: la giustizia sportiva non ha bisogno di prove, le sentenze ci sono state, hanno stabilito che Moggi è colpevole. Si potrebbe anche contestare, ma adesso non è questo il punto. Il punto è che Moggi è fuori dal circo pallonaro dal 2006. Cinque anni. Si è dimesso all’epoca e quindi non è più un tesserato della Figc. Radiarlo ora fa tanto «punizione esemplare»: come a dire che anche il calcio sa castigare chi sbaglia. Il caso ha voluto che in questi giorni la Figc sia stata accusata di immobilismo: avvertita da alcuni giocatori che c’era qualcosa di strano in alcune partite dell’ultimo campionato,ha ritardato le indagini lasciando così che lo scandalo scommesse esplodesse e diventasse prima affare della magistratura ordinaria e poi di quella sportiva. Non un grande esempio, né una grande figura. La radiazione di Moggi, allora, sa tanto di un bel rilancio, tipo quelli del poker. Qualcosa che dimostri non la solerzia,ma il rigore e l’integrità dell’istituzione calcistica. Paga uno, paga un conto che forse ha già pagato, perché cinque anni fuori dai campi finora non li aveva fatti nessuno. Paga uno cosicché non si possa dire che se il pallone deve autopunire le sue magagne si tira indietro. Però resta sempre quella unica domanda: perché solo Moggi?
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