nostro inviato
a Bruxelles
«Deludente, non positiva e al momento inaccettabile. E non solo dal governo italiano». Non usa giri di parole Gianfranco Fini al termine della colazione di lavoro tra i ministri degli Esteri dei 25 per fare il punto sulla proposta inglese di budget comunitario per gli anni 2007-2013.
Ufficialmente, nel corso del rendez-vous, non se ne sarebbe parlato, in attesa che Jack Straw ufficializzi una nuova bozza domani, a solo 24 ore dallavvio del summit dei capi di Stato e di governo. Ma stornata dal tavolo comunitario, è sempre lì che si è andati a sbattere nei faccia a faccia che si sono tenuti a margine dei lavori. Ridando vita agli scontri del giugno scorso.
In sintesi: Blair ha accettato di sforbiciare lo «sconto» inglese, togliendosi otto miliardi di euro nel settennato in questione, ma pretende che i costi della politica agricola (Pac) che assorbono quasi il 40% del bilancio comunitario e che sono stati siglati solo due anni fa, siano rivisti al massimo nel 2009. Parigi da questo orecchio non ci sente: «La chiave dellaccordo è nel rebate», ha ribattuto gelido il ministro degli Esteri Philippe Douste-Blazy. E al suo fianco ha trovato il presidente della Commissione Barroso, che ha fatto sapere di aver scritto una lettera al premier britannico in cui, perorato «un aumento e non un taglio delle spese» e ricordatogli come «fallire una volta può essere un incidente, ma due volte sarebbe irresponsabile», gli chiede seccamente «una riduzione ulteriore e stabile dello sconto» per uscire dalle secche.
Più si avvicina il momento della verità - giovedì e venerdì il summit di Bruxelles - più aumenta la sensazione che sia davvero difficile che Blair faccia il miracolo. A Downing Street, secondo quanto riportato dalla stampa britannica, si starebbe studiando una formula che sforbici un po di più la valanga di euro contrattata a suo tempo abilmente da Margaret Thatcher per non sbattere la porta comunitaria. Ma si tratterebbe di cosa da poco, non di una misura stabile, e comunque sempre in cambio del via libera degli altri soci alla revisione della Pac. Insomma fattori diversi, ma per Londra il risultato devessere eguale a quello messo in preventivo a giugno.
Logico che prenda piede un certo pessimismo: «O gli inglesi presentano unipotesi innovativa o un accordo sarà difficile», annota compunto Gianfranco Fini, il quale snocciola le cifre di Juncker, che già eravamo disposti ad accettare (dal saldo netto dello 0,22% del Pil allo 0,37%) ma che, con gli ulteriori tagli preventivati da Londra ci vedrebbero addirittura davanti a Gran Bretagna e Francia come volume di spesa.
«Negoziati difficili. Anche perché non siamo disposti a unintesa a qualsiasi prezzo», ammette anche Straw.
«Sarebbe una beffa che, nel momento in cui in Europa sale la richiesta di interventi comuni contro il terrorismo e per una politica di immigrazione, non si sia in grado di avere gli strumenti che servono», commenta, amaro, Franco Frattini, auspicando «unintesa che inverta la rotta» rispetto a un fallimento che potrebbe avere gravissime ripercussioni.
Ultimi giri dorizzonte, in queste ore: poi il tutto passerà nelle mani dei capi di Stato e di governo.
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