da Bruxelles
Se questa crisi dellEuropa va messa in conto alla gestione precedente della Commissione Ue, se insomma è colpa anche di Romano Prodi? «Non fatemi dire cose negative, non è il momento. Preferisco pensare positivo», risponde Silvio Berlusconi. Sono le 18 di ieri, anche la nostra delegazione ha dovuto rinviare il rientro in Italia e il presidente del Consiglio si sta recando alla riunione straordinaria chiesta da Juncker. È calmo e tranquillo, affatto preoccupato. Assicura che se anche non si troverà una soluzione entro le 24 ore «non è affatto un dramma». Il tempo cè, per impostare al meglio il nuovo bilancio europeo, la condizione però è che «si raggiunga un nuovo accordo per il futuro», non basato «sugli accordi del passato». Lo dice chiaramente: piuttosto che tornare ora a Roma con un accordo di basso profilo, «vecchio», preferisce rimandare. Non che minimizzi, Berlusconi. Anzi, ammette la battuta darresto «per quanto riguarda la ratifica del trattato costituzionale», spiega che vi sono ancora «molte distanze» che si sta cercando di superare «attraverso colloqui bilaterali», ma esorcizza ogni possibilità di dramatizzazione: «Non credo che, ove non si trovasse laccordo in questa occasione, si debbano fare dei drammi. Perché laccordo vale per il 2007-2014, dunque abbiamo ancora un anno abbondante di tempo per discutere e raggiungere un nuovo patto, che magari guardi più al futuro che al passato». Laccordo sul quale si è impantanato il confronto infatti, insiste il premier, «ha questo difetto, secondo me grave: è totalmente figlio dellaccordo precedente, che dava a certi settori come lagricoltura, la maggior parte dei contributi». E invece, «pur preservando lagricoltura che è importante, si deve investire nel futuro, nellistruzione, nella ricerca. Bisogna guardare avanti, piuttosto che volgere la testa indietro».
La posizione italiana è di grande disponibilità a questo cambio di prospettiva: siamo pronti a far la nostra parte e ad assumerci i necessari impegni. Ma se laccordo che verrà infine partorito «risulterà figlio del passato, è chiaro che noi dobbiamo tutelarci» avverte Berlusconi. Come? «Nel senso che il contributo netto che noi diamo allEuropa non deve aumentare più del giusto. Siamo pronti a gravarci della nostra quota percentuale che riguarda il contributo per lampliamento ai dieci nuovi Stati, ma senza rinunciare ai nostri buoni diritti per le regioni che hanno ancora uno sviluppo ritardato».
Se in questa partita, che non è soltanto contabile, lItalia sta con la Francia o con lInghilterra? Berlusconi risponde indirettamente ma con chiarezza: «A me sembra che da parte di Blair ci sia una posizione di fermezza sul rimborso inglese. Ma lInghilterra non sta chiedendo qualcosa di indebito, è che avendo molta meno agricoltura di Francia e Germania non ha un ritorno tra quel che versa e quanto lEuropa ridistribuisce ai singoli Paesi. La posizione di Blair è giustificata, non gli si può chiedere di essere un contributore netto al di là delle percentuali degli altri».
Non fasciamoci la testa però, lEuropa non è affatto sullorlo del precipizio. «LEuropa per tutti è il futuro, oltre che il nostro presente e cinquantanni di pace e sicurezza nel passato», tranquillizza il presidente del Consiglio. Insomma, anche il braccio di ferro sui conti europei è fisiologico, «è chiaro che ogni Stato pensa al proprio bilancio».
Però ieri sera, affrontando la riunione aggiuntiva per dar modo a Juncker di «illustrare una sua nuova proposta», Berlusconi aveva le idee chiare: «Questa sera laccordo può essere trovato solo su ciò che deriva dal passato, cioè con aumenti o decrementi dei vari capitoli di spesa.
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