La bimba miracolosa venuta dal freddo

Neve Corona Menin venne al mondo nel tempo cattivo dell’inverno. Era il giorno dell’Epifania del 1919. Nella contrada San Rocco e nel paese stavano tutti in casa perché fuori nevicava, ed era già due metri alta e tutto rimaneva sepolto da quella grande quantità di bianco. Ma non era solo la neve a tenere la gente nelle case accanto ai fuochi di carpino, c’era anche il grande freddo. \
I genitori di Neve erano Maria e Felice Corona Menin, persone semplici e oneste ma povere in canna, per non dire misere. Appena nata adagiarono la bimba in una cesta sulla panca vicino al focolare. Siccome fuori c’erano metri di neve e il freddo non lasciava respirare, tutti portavano un po’ di legna per scaldare la bambina appena nata e qualcosa da mangiare ai due sposi. Per arrivare alla casa di Maria e Felice Menin, scavavano con i badili sentieri nella neve che parevano trincee.
Avevano paura che la piccola morisse di freddo e allora portavano legna secca, mentre i genitori avevano fatto un fuoco nel camino che da fuori pareva ardere la casa da cima a fondo. Ma si sbagliavano. Quella bambina non dava segni di sentire il freddo e non piangeva mai. Stava pacifica nella cesta come un gattino addormentato e più la coprivano più scalciava per liberarsi e rimanere nuda.
Se la mettevano vicina al fuoco questo sfrigolava come se gli buttassero addosso acqua gelida, le fiamme si piegavano da una parte all’altra, si allontanavano dalla bambina come spaventate. Pareva che una mano di ghiaccio le spingesse via. Era una cosa molto strana quella delle fiamme, e la gente cominciò a pensare e avere un po’ di paura. Perché a volte quella mano di ghiaccio spegneva il fuoco completamente. \
Fu per questo che la gente e i genitori di Neve cominciarono a sospettare che quell’esserino appena nato che pareva un ghiro, con pochi giorni di vita alle spalle, potesse essere una creatura misteriosa, dotata di poteri straordinari. Siccome era nata nel tempo gelido dell’inverno, mentre nevicava, e si erano accorti che non temeva il freddo ed era candida e fresca come i fiocchi cadenti, la battezzarono Neve. \

\ Felice Corona Menin teneva per la guardia una cagnetta di nome Storna, che in quel periodo aveva partorito sei cagnolini. L’uomo non li voleva, così, appena nati, li mise in un sacco e li buttò nell’orrido del ponte Daltin. Storna era disperata. Girava per la casa uggiolando e piangendo i suoi cagnetti che non vedeva più. Andava e veniva dalla cucina al suo gabbiotto che si trovava sotto la strada di San Rocco, vicino al pollaio perché di notte Storna doveva allontanare la volpe con l’abbaiare. Nel suo andare e venire, quella povera cagnolina smarrita aveva scavato una specie di galleria nella neve alta due metri.
Una mattina Felice e Maria Menin si recarono nella stalla per governare le mucche lasciando Neve da sola, nella cesta accanto al focolare. Quando tornarono la bambina non c’era più. \
Allora si precipitarono in strada urlando e chiamando gente, dicendo che qualcuno aveva rubato la bambina. La gente iniziò a battere casa dopo casa per cercare la piccola, ma la piccola non saltava fuori. Subito sospettarono una donna che viveva sola, non parlava mai, e quando incontrava i bambini li carezzava. Pensarono fosse stata lei a rubare la bambina ai coniugi Menin e allora andarono a interrogarla. Le demolirono mezza casa cercando Neve e poi caricarono di botte quella povera anima per farla confessare. Ma la donna non poteva confessare ciò che non sapeva e non aveva fatto. Alla fine si convinsero che non c’entrava, ma intanto l’avevano lasciata per terra pesta e sanguinante. «Maledetti» disse lei mentre uscivano dalla cucina dove l’avevano malmenata.
Che la donna non aveva alcuna colpa lo scoprirono verso le due dopo mezzogiorno. Venne in mente proprio a Felice Corona di andare a ispezionare il gabbiotto dove Storna montava la guardia. Era dalla mattina che non vedeva la cagna in giro. L’uomo si fece largo tra la neve con il badile, finché arrivò davanti alla cuccia. Sporse la testa e restò allibito.
La piccola era là, dentro il gabbiotto, stesa su un po’ di fieno, nel freddo più freddo che poteva essere. Storna le stava accucciata accanto e la leccava con amore, come faceva con i cagnolini prima che Felice Menin li ammazzasse. Non avendo più i suoi figli, s’era presa la bambina. \
Felice la sollevò come un uccellino dal nido e la portò a casa proteggendola sotto la giacca. Venuta a conoscenza del fatto, molta gente non ebbe dubbi nell’affermare che era un miracolo e che Neve era una piccola santa, una Madonnina misteriosa e buona venuta a portare un po’ di caldo nei cuori congelati della gente, in quel paese maledetto, ghiacciato dall’inverno e sepolto dalla neve.
Dopo aver portato a casa la bambina. Felice tornò al gabbiotto, legò una corda attorno al collo di Storna e la strascinò davanti al cortile di casa. La legò al melo, poi afferrò un badile per ammazzare quella bastarda che gli aveva rubato la figlia. Ma quando levò le braccia per calare il colpo sulla testa della povera Storna, si bloccò come se fosse improvvisamente diventato di ferro, come se le giunture delle ossa si fossero saldate assieme e irrigidite. Allora capì che quello era un segnale proveniente dall’alto, qualcosa che aveva a che fare con Neve e con il Signore. Mentalmente chiese perdono a Dio, e in quel momento si sbloccò e tornò a muoversi di nuovo. \
La gente, che al principio stentava a credere, iniziò pellegrinaggi per vedere quella piccola santa di bambina, portando latte di capra e roba da mangiare agli sposi Felice e Maria Corona, accendendo candele che infilava nella neve per ringraziarli di aver messo al mondo quella creatura di Dio. Ma non tutti credevano che la piccola fosse capace di fare cose che solo il Signore poteva fare.

Alcuni credevano che tutto quello che era successo fosse opera del caso o della fortuna. Qualcuno disse che sarebbe rimasto convinto solo quando avesse visto con i suoi occhi un miracolo, o almeno qualcosa di strano fatto dalla bambina che molti pensavano fosse la Madonna appena nata.

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