Ha perso entrambi i genitori negli attentati del 29 marzo alle stazioni della metropolitana moscovita Lubjanka e Park Kultury, ma non si è perso danimo. Anche se ha solo undici anni, ha deciso di sfidare il muro di gomma della pubblica irresponsabilità per ottenere giustizia. E ha citato in giudizio il Comitato nazionale antiterrorismo russo (in pratica i potentissimi servizi segreti Fsb, eredi del Kgb di epoca sovietica, di cui il comitato è uno dei settori). Laccusa è semplice e chiara: non sono stati capaci di fare il loro mestiere, che è quello di prevenire gli atti di terrorismo in Russia. Per colpa loro, sosterrà il famoso avvocato Igor Trunov in nome e per conto del ragazzino, lo sfortunato undicenne è rimasto orfano.
Trunov presenterà la denuncia entro questa settimana presso la corte Basmannyj della capitale russa.
Gli attentati in cui il bambino, del quale non è stato fatto il nome, ha perso i genitori, sconvolsero allora di punta del mattino del 29 marzo scorso due delle più frequentate stazioni della metropolitana nel cuore di Mosca e provocarono la morte di 40 persone. Responsabili della tragedia due terroriste suicide cecene, tra cui una diciassettenne, Dzhennet Abdurakhmanova, che era stata fotografata alcuni mesi prima, pistola in pugno, insieme col suo giovane marito Umalat Magomedov, un fanatico estremista islamico che sognava di fondare un califfato in Caucaso che finì ucciso in uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza russe alla fine di dicembre. Quella foto agghiacciante è finita su tutti i giornali del mondo, simbolo di un delirio sanguinario che non conosce limiti.
La prima esplosione, alle 6.40, avvenne nel secondo vagone di un convoglio che stava transitando dalla centralissima stazione Lubjanka, il cui nome evoca immediatamente i servizi segreti russi. Quello della Lubjanka era il palazzo in cui aveva sede il Kgb e nel quale avvennero per decenni feroci interrogatori, detenzioni e omicidi ordinati dai servizi segreti staliniani e non solo. Nei suoi sotterranei scomparvero senza lasciar tracce migliaia di persone, tra cui nomi di primissimo piano del potere sovietico. Oggi la Lubjanka è la sede dellFsb, di cui è noto il grande potere che ha conservato nella Russia postcomunista. È logico supporre che i terroristi ceceni abbiano scelto di colpire qui (tra laltro la fermata precedente è proprio quella del Cremlino) per inviare anche un messaggio simbolico di sfida al potere della diarchia Medvedev-Putin. Il premier, come è noto, ha cominciato la sua carriera proprio nel Kgb.
Una seconda esplosione, avvenuta mezzora più tardi, devastò invece una stazione - quella di Park Kultury - allincrocio di due linee frequentatissime della metropolitana. E fu unaltra strage. I giornali russi riferirono inoltre del ritrovamento di un terzo ordigno inesploso, che nelle intenzioni dei terroristi sarebbe dovuto deflagrare in unaltra stazione del centro di Mosca, quella di Prospekt Mira.
La sfida legale dellanonimo orfano moscovita ai servizi segreti russi è un gesto probabilmente destinato a rimanere senza successo: non sarà facile dimostrare la loro responsabilità per laccaduto, non fossaltro perché nessun apparato di sicurezza può garantire la neutralizzazione del nemico che è chiamato a contrastare. Ha però un forte significato simbolico in un Paese dove i servizi segreti sono rimasti potentissimi nonostante la caduta, ormai quasi ventanni fa, del sistema politico totalitario del quale erano la spina dorsale. Caduta lUnione Sovietica, il partito comunista ha perduto il potere e perfino la federazione delle quindici Repubbliche si è sbriciolata dando vita ad altrettanti nuovi Stati indipendenti.
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