Bin Laden ucciso con 2 colpi, Obama vede tutto: uno degli incursori ha una telecamera sul casco

Seduto in un angolo della situation room della Casa Bianca, il volto contratto e gli occhi fissi su uno schermo, circondato dai suoi collaboratori altrettanto tesi, col vicepresidente Joe Biden che tormenta un rosario con le dita e il segretario di Stato Hillary Clinton con una mano sulla bocca per l’ansia. Così Barack Obama ha vissuto in diretta le fasi del blitz che nella notte di lunedì scorso ha portato all’uccisione di Osama bin Laden. In diretta per davvero, perché - potenza della tecnologia - le immagini dell’assalto notturno al rifugio segreto dello sceicco del terrore sono arrivate via computer alla Casa Bianca da una videocamera fissata sull’elmetto di uno dei 79 Navy Seals che l’hanno portato a termine.
«I minuti sembravano giorni», ha raccontato il capo dell’antiterrorismo John Brennan. E solo quando l’incredibile film è arrivato al finale sperato il presidente degli Stati Uniti si è lasciato andare a un grido liberatorio: «We got him!», l’abbiamo preso. Ma cos’hanno visto esattamente Obama e i suoi? Diversi dettagli cominciano ad affiorare, correggendo in parte le informazioni disponibili in precedenza. Gli elicotteri coinvolti erano quattro in tutto, gli specialisti in operazioni estreme dei marines 79. L’operazione Geronimo (così è stato soprannominato in codice Bin Laden) dura in tutto 40 minuti. In Pakistan è appena passata la mezzanotte, a Washington sono ancora le tre del pomeriggio quando gli elicotteri partiti dalla base di Jalalabad in Afghanistan raggiungono, in una notte senza luna, i cieli di Abbottabad. Un imprevisto, un’avaria a uno degli elicotteri, sembra dover compromettere la missione: l’apparecchio cade a terra senza provocare vittime, ma a quel punto l’operazione non è più segreta perché i pakistani si accorgono di ciò che sta accadendo e allertano i loro jet.
C’è il rischio di uno scontro aereo tra americani e pakistani ma l’operazione Geronimo continua. Gli elicotteri raggiungono la casa-fortezza, un commando di 15-25 uomini penetra nel compound, al cui interno si nascondono 17 o 18 persone: tra queste diversi bambini e, come previsto, Osama bin Laden. Alla Casa Bianca solo la voce del capo della Cia Leon Panetta rompe ogni tanto il silenzio in videoconferenza dal quartier generale di Langley con qualche secca informazione per i presenti. Ora dice: «Geronimo a tiro». Si sentono tre esplosioni ravvicinate, poi una ben più potente. I muri delle case vicine tremano, la luce salta in tutta la zona. Comincia una sparatoria: due, tre minuti. Un uomo di Bin Laden (non lui stesso, come era stato riferito) si fa scudo con una donna, che non è comunque una delle mogli dello sceicco: vengono uccisi entrambi, con altri due uomini tra cui sembra il figlio diciottenne Hamza.
Superate le resistenze, i Navy Seals salgono fulminei al terzo piano, dove il capo di Al Qaeda dormiva fino a pochi minuti prima. A Washington Panetta avverte Obama: «Possiamo vedere Geronimo». Si riconosce la sua alta figura (Bin Laden era alto quasi due metri) avvolta in una tunica. Cerca di difendersi ma non può nulla: gli sparano due colpi, uno al petto, l’altro gli attraversa il cranio provocando una vasta ferita. Osama bin Laden è morto: un militare fotografa il cadavere e invia alla Cia l’immagine per l’analisi facciale e antropometrica.

Il commando recupera preziosi dvd e computer, si porta via il corpo di Bin Laden e (secondo i servizi pakistani) un suo figlio ancora vivo. Salgono su un elicottero e in pochi secondi sono lontani. Nella situation room della Casa Bianca risuona la voce di Panetta: «Geronimo killed in action».

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