«Bindi faziosa». E lei ammette: ho sbagliato

RomaChe stavolta la vicepresidente Rosy Bindi abbia esagerato lo pensano anche nel Pd. Ieri mattina, sui banchi dell’opposizione, Walter Veltroni leggeva il resoconto stenografico della seduta di mercoledì sera e sbarrava gli occhi: «Roba da matti». Il vicesegretario del partito Enrico Letta appariva sconcertato: «Ditemi che non è vero...». Il capogruppo Dario Franceschini era visibilmente irritato. E che lo show bindiano dallo scranno della presidenza di Montecitorio non sia piaciuto lo si capiva anche dal silenzio dell’intero Pd (a parte qualche bindiano di stretta osservanza come Roberto Zaccaria) davanti alle dure critiche del centrodestra: solo a sera, sollecitato, Franceschini ha respinto «l’evidente strumentalità degli attacchi alla Bindi». Il Pdl però non smette di cannoneggiare contro la Bindi, e ieri ha scritto una lettera ufficiale a Gianfranco Fini chiedendone l’intervento per sanzionare il comportamento «senza precedenti» della vicepresidente della Camera. Fini ha promesso che interverrà sull’argomento, probabilmente in aula, la prossima settimana.
Mercoledì la Bindi ha prima guidato il coro di «P2! P2!» dai banchi Pd mentre interveniva il capogruppo azzurro Cicchitto (mentre erano accesi gli irresistibili riflettori della diretta tv). Poi, salita al banco della presidenza, ha ingaggiato un veemente botta e risposta con gli esponenti di maggioranza che la accusavano di non aver dato «un esempio di terzietà, sobrietà e soprattutto rispetto». La Bindi, dallo scranno più alto di Montecitorio, si è autodifesa (spiegando di non aver trovato un altro vicepresidente che la sostituisse) così: «Ho gridato la verità!», e ha sventolato come prova un estratto da Wikipedia, che come si sa non è esattamente la Gazzetta ufficiale: «Leggo qui, alla voce Fabrizio Cicchitto, che era iscritto alla P2 con tessera numero 2232. Se a me avessero gridato “Azione cattolica!” non mi offenderei, visto che era l’associazione cui ero iscritta». Lo scontro Bindi-Pdl è andato avanti a lungo, nell’aula ormai semideserta, chiuso infine da Denis Verdini: «Ammetta di aver sbagliato, può succedere».

Strappandole l’ammissione: «Ho sbagliato». Ora la questione è in mano a Fini: «Non potevo mica star lì come San Sebastiano, avevo precisato che parlavo a titolo personale», si lamentava ieri la Bindi. Peccato che fosse seduta al posto di Fini.

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