Milano - Non c'è pace nell'estate del Pd, in casa Bersani continuano a volare gli stracci, i piatti e qualche volta anche i coltelli. Questa volta il dibattito è in punta di diritto: al centro della querelle tra il sindaco di Firenze Matteo Renzi e la presidente dei Democratici Rosy Bindi ci sono i cavilli dello statuto. Roba loro, teoricamente. Ma in verità loro stessi danno delle interpretazioni molto personali alla carta del partito, perché in ballo non c'è solo un pezzo di carta ma la poltrona (parecchio in bilico dopo lo scandalo Penati) del segretario Pier Luigi Bersani. "Se Rosy Bindi quest'estate ha avuto il tempo per rileggere lo statuto del Pd non può non aver visto che c'è una norma che impedisce di candidarsi per più di tre legislature. Lei è alla sesta", Matteo Renzi rottama così, in un'intervista alla Nazione di Firenze, il presidente del Pd che venerdì scorso aveva sottolineato che se il sindaco di Firenze intende candidarsi alle primarie "deve prima dimettersi dal Pd", perchè, proprio in base allo statuto del partito, "per il Pd il candidato è il segretario".
Per Renzi "il problema non è il candidato, ma allargare il consenso del Pd. Non basta parlar male di Berlusconi per vincere. Di solito i partiti cercano di prendere un voto in più. È poco democratico buttare fuori chi non è omologato". In merito alla volontà di candidarsi, Renzi ribadisce che vuole "continuare a fare il sindaco, anche per il secondo mandato" perchè "Firenze vale più di qualsiasi ministero".
Certo, ma il primo cittadino fiorentino non molla e sottolinea comunque che "la nuova generazione non può limitarsi a criticare" e che "deve avere il coraggio di presentare delle idee e un candidato che le sostenga". Alla Bindi più che una promessa deve sembrare una minaccia. Ne vedremo delle belle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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