A Bint Jbail lotta corpo a corpo Sotto scacco le forze israeliane

I soldati di Tsahal cadono in un’imboscata nella roccaforte di Hezbollah: 9 morti e 22 feriti. Olmert annuncia l’istituzione di una fascia di sicurezza di due chilometri

Gian Micalessin

da Haifa

Doveva esser una vittoria fulminante invece è un altro bagno di sangue. L’ennesima beffa di Hezbollah. L’ennesimo colpo al mito di Tsahal e dei suoi soldati. L’annunciata caduta di Bint Jbail, l’imminente conquista della capitale di Hezbollah nel sud del Libano, la trionfale avanzata di Tsahal non esistono più. Al loro posto il resoconto di un’altra imboscata, i volti esausti e insanguinati di dozzine di feriti, gli spettri di altri otto caduti in terra libanese. Una notte e una mattinata di combattimenti hanno trasformato l’atteso trionfo in un rovescio che divide l’opinione pubblica, incrina il prestigio dei vertici militari, mette in difficoltà il governo di Ehud Olmert. Lui, il premier, annuncia di voler andare avanti, promette l’annientamento di Hezbollah, progetta la divisione di Libano e Israele con una fascia di sicurezza profonda almeno due chilometri. Ma molti in Israele cominciano a chiedersi se i suoi generali, impantanati davanti a Bint Jbail e a Maroun el Ras, in un arco di cinque chilometri dal confine, siano veramente in grado di garantire la conquista delle 170 fortezze sciite.
Fino a martedì sera tutto procede per il meglio. I fanti della Golani e i paracadutisti della Egoz sono ai margini di Bint Jbail, i carri armati stringono in una morsa d’acciaio i trecento miliziani sciiti asserragliati nella città. I generali devono decidere se sotterrarli sotto le macerie o andarli a prendere uno a uno. Ma Hezbollah dimostra, ancora una volta, di essere un osso assai duro. Prima dell’alba una squadra di volontari esce allo scoperto, impegna una delle compagnie israeliane, la attira, ritirandosi passo dopo passo, in una cerchia di macerie. La trappola è pronta. Si scatena l'inferno. I razzi anticarro e i mortai da sessanta millimetri disseminano ondate di schegge, mitragliatrici leggere e kalashnikov colpiscono da distanza ravvicinata. La compagnia è inchiodata, il comandante chiede rinforzi, i sopravvissuti trascinano morti e feriti al riparo. I guerriglieri impegnano gli israeliani, sbucano dalle rovine, trasformano ogni androne, ogni viuzza in un’arena crudele. Si combatte praticamente corpo a corpo. E intanto Hezbollah prepara un nuovo inganno. La colonna di rinforzi s’apre la strada con i carri Merkava, corre in soccorso dei compagni assediati. Una serie di ordigni comandati a distanza la blocca a poche centinaia di metri. Un carro esplode, tutt’intorno si scatena la seconda imboscata. Le prime luci del giorno annullano la superiorità conferita a Tsahal dall’elettronica e dai visori notturni. Ora si combatte alla pari. I carri armati sono esposti ai colpi dei lanciarazzi anticarro, gli elicotteri non osano incursioni più lunghe di trenta secondi per timore di venir agganciati dagli infrarossi dei sistemi antiaerei a spalla. Ora i soldati della Golani e i paracadutisti possono contare solo sul miglior addestramento, sulla migliore precisione di tiro, sulla più affinata capacità di reazione. Ma devono far i conti con la scarsa conoscenza del terreno e l’incubo di non lasciar dietro compagni morti e feriti. Per salvarli cadono altri soldati. Agli ospedali di Haifa medici e barelle sono in stato d’allarme dalle sei di mattina, ma alle undici gli elicotteri con i feriti non si vedono ancora.
Il paese inizia a intuire il disastro, i comandi cominciano ad ammettere la disfatta. Parlano di 25 colpiti, omettono la parola caduti, accennano a una situazione molto seria. In serata le trenta perdite indefinite si trasformano in otto caduti e 22 feriti. Ma anche quel bilancio potrebbe essere incompleto. Anche stavolta, come in molti casi precedenti, potrebbero esservi cadaveri irriconoscibili, soldati dispersi, famiglie da avvisare. Intanto gli Hezbollah tornano a colpire anche a Marun el Ras.

Una squadra di miliziani s’infiltra nel villaggio di frontiera già conquistato, apre il fuoco con un lanciarazzi anticarro, colpisce almeno altri cinque soldati: un ufficiale muore, portando il bilancio delle vittime a nove. E la vittoria appare sempre più lontana. Sempre più difficile. Sempre più affamata di giovani vite.

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