Biodiesel, solo promesse Il progetto è in alto mare

(...) e incide inevitabilmente sul consumo di super e gasolio, in deciso calo rispetto all’anno scorso sia nella capitale che nel resto del Paese.
Se da un lato, però, esiste una schiera di consumatori disposti a rinunciare al proprio mezzo, dall’altro c’è chi non si dà per vinto e a tal fine è pronto a sperimentare soluzioni alternative. Come quelli che, pur di risparmiare qualche monetina, preferiscono fare rifornimento ai distributori indipendenti, di proprietà delle compagnie minori, o dalle cosiddette «pompe bianche», senza marchio né insegna, entrambi improntati al dogma del low cost. Oppure ci sono quelli che con l’immaginazione osano andare addirittura oltre e che a costo di fare la figura degli inguaribili sognatori attendono fiduciosi l’avvento dei biocarburanti, garanzia di risparmio in termini d’impatto ambientale oltre che per il loro più modesto impatto sul portafoglio. Coloro che ripongono le proprie speranze nell’olio di colza e di girasole (da cui si ricava il biodiesel) rischiano però di rimanere delusi nonostante queste sementi figurino tra quelle più diffuse nel Lazio.
È trascorso un anno dalla presentazione del progetto «Roma Biodiesel» stando al quale entro il 2009 una parte della flotta Trambus sperimenterà una miscela che prevede l’impiego di un’alta percentuale (fino al 20 per cento) di carburanti di origine vegetale: un obbiettivo certamente ambizioso, in vista del quale ormai già da 6 mesi avrebbe dovuto prendere il via la raffinazione degli oli derivanti dalle produzioni agricole regionali. Di fatto, però, l’unico impianto che attualmente produce biodiesel nel Lazio, la Dp Lubrificanti, lo fa a partire dall’olio di frittura esausto. E benché gli enti coinvolti abbiano più volte ribadito che le date contenute nell’accordo di programma potessero subire delle variazioni, le difficoltà riscontrate finora denotano quanto arduo sia per i biocarburanti riuscire a farsi strada. Così, quello che in linea di principio rappresenterebbe un primo importante passo in avanti, in seguito al quale potremmo prospettare qualcosa di simile anche in ambito privato, tarda a realizzarsi, e sebbene alla Coldiretti (tra i cui compiti c’è quello di monitorare lo sviluppo delle energy farm che hanno attivato coltivazioni no-food a base di colza e girasoli) si dicano fiduciosi, agli speranzosi conviene armarsi di pazienza.
Oggi in Italia il gasolio contiene il 2 per cento di biodiesel. Un granello di sabbia rispetto alla dose presente in altri paesi europei, come Francia e Germania, per arrivare alla quale serviranno degli anni. Così, al fine di accelerare i tempi, i più audaci sembrerebbero disposti a tentare il metodo fai da te, che peraltro costituisce una pratica illegale dal momento che implica l'evasione delle accise sui carburanti. E se i vecchi Diesel possono essere alimentati con oli vegetali non raffinati senza eccessivi effetti collaterali, i meccanici che abbiamo interpellato ci hanno assicurato che le auto più moderne necessitano giusto di qualche modifica.

Chi adotta questo sistema il biodiesel poi però se lo deve fare in casa: le ricette fioccano on line e chi le ha sperimentate sostiene che il procedimento non sia particolarmente complesso. Ma un responsabile della Dp Lubrificanti scuote il capo e taglia corto: «Se uno ha una pentola a pressione in casa ci può anche provare ma per quanto mi riguarda glielo sconsiglio vivamente».

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