Biotestamento, la maggioranza blinda il testo E il Pd insorge

RomaLa discussione sul testamento biologico alla Camera ripartirà dal testo sul fine vita uscito dal Senato. A favore della proposta di Domenico Di Virgilio (Pdl) hanno votato, in commissione Affari sociali, 24 esponenti della maggioranza e tutta l’Udc, mentre i contrari sono stati 18. Il relatore Di Virgilio ha illustrato la sua proposta dicendosi pronto a prendere in considerazione modifiche nel corso dell’iter del provvedimento alla Camera.
A schierarsi per la modifica a Montecitorio del testo uscito da Palazzo Madama non solo il centrosinistra, ma anche una parte del centrodestra, tra cui alcuni deputati vicini a Gianfranco Fini. Tra questi c’è il deputato Fabio Granata (Pdl), che chiede «libertà di coscienza per i temi eticamente sensibili» e ora ha promesso di riproporre in aula sotto forma di emendamenti «tutte le proposte che avevamo formulato per garantire, in forma estremamente equilibrata, la possibilità della dichiarazione anticipata di trattamento».
Protesta pure l’Italia dei valori, «si viola la Costituzione», e il Pd, almeno stavolta, è unito. Per la capogruppo in commissione Livia Turco «dopo tre mesi di approfondito dibattito, a fronte di una opposizione che ha dimostrato tutta la volontà di dialogare e dopo oltre trenta audizioni che hanno suggerito cambiamenti al testo Calabrò, il relatore Di Virgilio, anziché presentare un nuovo testo base o fare un comitato ristretto, ha scelto di ripresentare il testo dello scontro». Ignazio Marino denuncia «la linea di chiusura e miopia da parte della maggioranza». Sulla stessa linea i radicali che, per bocca di Maria Antonietta Farina Coscioni, sostengono che la maggioranza «procede militarmente a colpi di maggioranza e fa un gioco sporco sulla pelle dei malati».
E, sorpresa, anche Paola Binetti, pur avendo espresso più volte il suo sostegno al testo Calabrò, stavolta vota contro. «Sarebbe stato più corretto da parte del relatore dire subito che il testo base scelto era quello del Senato - spiega - invece di essere tenuti in sospeso durante il periodo della discussione generale».
A stretto giro di posta arriva la replica della maggioranza. Il relatore si dice «molto stupito» delle dichiarazioni dell’area teodem rappresentata da Binetti. Ironico il capogruppo del Pdl in commissione: «Da loro nessuno si aspettava l’avversione al provvedimento», afferma Lucio Barani. «Viene da pensare ai primi effetti della segreteria Bersani: vince il socialismo di stampo sovietico che mortifica il dibattito in nome di una moderna epurazione». Gli fa eco la capogruppo della Lega Laura Molteni: «Questo repentino cambio di rotta sarà forse frutto delle ultime primarie del Pd?».
Però, anche in seno al Pdl si ripropone qualche scricchiolio. Se già al Senato c’era stata qualche voce dissonante, questa estate sono arrivate le critiche del presidente della Camera Gianfranco Fini al provvedimento del Senato. Un drappello di parlamentari a lui vicini ha anche avanzato la proposta di una soft law. Ora è il «liberal» Benedetto della Vedova il primo a protestare. Quella della propria maggioranza, sostiene, è «una scelta scontata e imprudente», che «non fa tesoro dell’ampio e importante dibattito che si è nel frattempo aperto nel centro-destra e in genere nelle diverse forze politiche».

Interviene anche Fabio Granata, deputato di stretta osservanza finiana. La scelta di ripartire dal ddl Calabrò, dice, è una decisione «grave e divaricante», afferma. «Riproporremo in aula sotto forma di emendamenti le proposte che avevamo formulato».

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